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Nel 1933 un giovanissimo Gianfranco Contini dedicò al poeta degli Ossi di seppia uno dei suoi primi scritti di critica militante. Quel saggio folgorante, ospitato da un’oscura rivista e opera di un non meno oscuro recensore, non mancò di colpire profondamente Montale, che l’8 giugno così scriveva al suo ignoto estimatore: «Ho chiesto e avuto da Falqui il Suo indirizzo, e posso così ringraziarla. Lo faccio proprio di cuore. Raramente l’opera mia è stata esaminata con tanta intelligenza e tanto amore. Lei m’era ignoto fino a poco tempo fa; ciò accresce il mio interesse e la mia riconoscenza». Né Contini né Montale potevano neppure lontanamente sospettare che quella lettera avrebbe acceso la scintilla di un sodalizio fra i più alti e appassionanti della letteratura italiana del Novecento. Sodalizio destinato a durare quasi mezzo secolo, ma sinora documentato esclusivamente dall’attenzione che anche in seguito Contini non cessò di riservare all’amico – coronata nel 1974 dalla raccolta di saggi che reca l’emblematico titolo di Una lunga fedeltà e nel 1980 dalla monumentale e storica edizione dell’Opera in versi di Montale allestita insieme a Rosanna Bettarini. In realtà Contini fu per il poeta una sorta di acutissima coscienza critica, sempre attentamente ascoltata, e insieme un fedele compagno di strada – un amico. E di questa lunga fedeltà ben presto radicatasi in altrettanto lunga amicizia il carteggio di «Eusebio» e «Trabucco» offre finalmente una illuminante testimonianza. Il lettore avrà così il privilegio di ripercorrere, come scrive Isella nella sua Prefazione, un «memorabile itinerario dell’intelligenza e dei sentimenti che si svolge, scavalcando anche i silenzi e gli ostacoli del tempo di guerra, nel corso di mezzo secolo: un dialogo teso, inebriante, non mai facile».
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