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Anno edizione: 1999
Anno edizione: 2023
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Pur ammirando moltissimo lo stile, la grazia, l'eleganza dell'esposizione, la perfezione delle frasi, ho faticato a seguire le elucubrazioni mentali, le digressioni culturali, le raffinate ed erudite analisi letterarie dell'autrice. Purtroppo per me, questa donna coltissima tratta spesso temi che non mi sono familiari. Ecco perché ho dovuto rileggere molte pagine: per ruminarne il contenuto è dopo svariate riletture ho iniziato ad amarlo. Il fascino esercitato, sull'autrice, da una certa liturgia si riflette in una prosa che sa d'incenso, di terra, di marmi lisci, carni bianche, turgide e fredde, di suoni pesanti, modellati da lucenti - ori bizantini - canne d'organo, di ombre e luci a scacchiera, come nell'intimità di un confessionale. Resterà sempre un misterioso capolavoro nella nostra letteratura.
Molto è stato scritto sulla vita di Cristina Campo, giungendo a violare con la soglia di riserbo e descrizione che lei sempre gelosamente difese. Le sue lettere attestano ovunque la drammaticità del suo venire ai ferri corti con la vita, e lo sforzo di comprendere e amare il proprio destino di sofferenza e solitudine, già iscritto nella malattia cardiaca con la quale nacque e per la quale morì prematuramente, fa sì che l'esistenza di Cristina Campo sia stata sempre appartata, intenzionalmente lontana dai salotti letterari, eppure così ricca di incontri e amicizie, di un universo di letture e autori, una grande biblioteca del suo nome con con la quale lei in modo insonne dialogava, un tesoro intellettuale che ancora attende di essere adeguatamente misurato ed è scritto. La sua voce ancora si lascia udire nella veemente gioia e nella persuasione della scrittura perfetta, vergata, come avrebbe detto lei, con lievi mani, come se la fatica della scrittura fosse un evento che si produce nella vita e, riproducendola, la trasforma. Libro bellissimo.
Sacro ed inesauribile che la Guerrini, severa, impassibile (emula dei santi e degli asceti che ammira), angelica vestale, protegge, presidia lo sconfinato tempio nel quale esso è custodito, si liberano spiriti, antichi e futuri, e forti suggestioni. Spiriti e suggestioni che i saggi della Campo, critica amorevole, cercano di afferrare e trattenere, per raccontarli con parole pregne d'amore, di fede, di furore e di un intenso desiderio di purificazione ed espiazione (anche la scrittura, forse, era, per la Campo - ha scritto poco e le piacerebbe avere scritto meno - , qualcosa da farsi perdonare). Il fascino esercitato, sull' autrice, da una certa liturgia si riflette in una prosa che sa d'incenso, di terra, di marmi lisci, carni bianche, turgide e fredde, di suoni pesanti, modellati da lucenti - ori bizantini - canne d'organo, di ombre e luci a scacchiera, come nell'intimità di un confessionale. Cristina Campo è probabilmente molto difficile da digerire, soprattutto per quanto riguarda le sue ossessioni mistico-liturgiche, ma la sua scrittura resta una delle più belle del Novecento, talmente preziosa da rasentare il sublime. Assolutamente da leggere.
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