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Austerlitz - Winfried G. Sebald - copertina
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Austerlitz

Descrizione


Jacques Austerlitz è un professore di storia dell'architettura, studioso di quei luoghi che, soprattutto nell'Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente visionarie. Alto, dinoccolato, molto somigliante a Wittgenstein cui lo accumuna un vecchio zaino che costantemente porta in spalla, Austerlitz vive a Londra in un appartamento spoglio, privo di affetti e povero di amicizie. Dietro la sua dottrina si spalanca il vuoto. Austerlitz semplicemente non sa chi è e a un certo punto si mette alla "ricerca delle proprie tracce". Il passato riemerge lentamente ed è lacerante: tutta la sapienza dell'autore sembra concentrarsi in questo itinerario di ricerca assolutamente angosciante.
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Dettagli

2
2002
5 giugno 2002
315 p., ill.
9788845917073

Valutazioni e recensioni

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arcimboldi
Recensioni: 5/5

Un lento e faticoso viaggio a ritroso nella memoria, nei ricordi sbiaditi, nelle fotografie consumate, in vecchi documenti. Parole e immagini scorrono davanti a noi anche se spesso non correlate. Il flusso dei pensieri vaga e ci porta in strane direzioni apparentemente senza ragione, ma c'è sempre una ragione, che improvvisamente prende forma.

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pierino
Recensioni: 5/5

libro molto interessante, dotto, coinvolgente : da non perdere .

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Luca i
Recensioni: 5/5

Mi era stato consigliato e devo confessare che ci ho messo un po' a capire perché. Una volta però che ci si lascia sedurre dallo scrivere e dal mostrare di Sebald se ne può apprezzare l'ampiezza del respiro, la profondità del suo sguardo. Equilibirio assoluto anche nella caratterizzazione del protagonista.

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Voce della critica

Willibald. G. Sebald

AUSTERLITZ

ed. orig. 1999, trad. dal tedesco di Ada Vigliani,

pp. 315, 87 ill. in b/n, Ç 16,

Adelphi, Milano 2002

L'ultimo romanzo di W.G. Sebald - come del resto la sua intera opera - è percorso dalla prospettiva dell'uomo contemporaneo, costantemente minacciato fin nelle sue più intime fibre dall'incertezza e dall'orrore di una storia avvertita come gigantesco processo distruttivo. Nei libri di Sebald è evidente il tentativo di ricostruire i destini di singoli individui sfiorati o travolti da questo processo, al fine di scrivere una storia europea degli ultimi due secoli priva del crisma dell'ufficialità che tutto ottunde. Per farlo, l'autore usa i mezzi di una scrittura seducente, finanche ipnotica, che con eleganza trascina il lettore nel vortice di una fantasia malinconica, in grado di leggere il mondo come fonte inesauribile di segnali - perlopiù di sventura - che si aggregano e si accumulano fino a costituire un peso a tratti insostenibile. È l'acribia del collezionista che raccoglie dettagli, impressioni, presagi e li mescola con le immagini fotografiche in bianco e nero che caratterizzano tutti i testi di questo autore, e che con la loro sola presenza alludono a un passato definitivamente scomparso.

C'è certo un gioco, una sorta di flirt con la malinconia, appunto, e con l'esperienza della fine del mondo ad essa (e alle sue forme acute, come la depressione patologica) collegate; ma c'è anche la trascrizione della situazione esistenziale di tanti soggetti del Novecento occidentale, condannati all'esilio da una qualsiasi patria, anche dove non ci sono urgenze politiche o economiche. La vita è sempre altrove, in uno spazio che può essere l'infanzia, l'utopia, una comunità o una cultura in cui sentirsi davvero a casa. Così è stato il destino di Sebald: nato nel 1944, lascia >la Germania a venticinque anni per sfuggire al suo carattere autoritario, al silenzio con il quale la generazione dei padri continua a circondare i crimini e le sofferenze della guerra e del nazismo, approdando nella più libera - allora - Inghilterra, dove insegna letteratura tedesca fino alla morte, avvenuta nel dicembre 2001; da questa posizione periferica nasce uno sguardo attento e partecipe verso la storia e l'atteggiamento dei tedeschi, a cui spesso nei suoi testi rimprovera l'incapacità di ricordare.

Il cuore segreto attorno a cui gravita larga parte della sua produzione è la Shoah, il "maelstrom nero della storia", come l'ha definita. La colpevole rimozione della Germania occidentale postbellica trova la sua controparte nell'impossibilità di dimenticare di chi ha sofferto. Il non ebreo Sebald prende a cuore le vittime del nazismo descrivendo non tanto i patimenti a cui sono state sottoposte, quanto le conseguenze, soprattutto psicologiche, di sofferenze che col tempo invece di scomparire si fanno più acute: i personaggi di Sebald non soggiacciono a violenze immediate, ma al potere di una "memoria inesorabile". La memoria è infatti in questo autore una facoltà sempre problematica, avvertita come necessaria e dolorosa al contempo, che se da un lato costruisce l'identità dell'individuo, dall'altro lacera la sua integrità e mette in pericolo il suo equilibrio psichico.

Così avviene nei quattro racconti lunghi del libro Gli emigrati (1993; Bompiani, 2000), che da molti è considerato il più bel libro di W.G. Sebald; così avviene anche nell'ultimo romanzo. Jacques Austerlitz, in lunghi monologhi alla presenza del narratore, ripercorre la sua storia, a cominciare dall'infanzia passata in Galles nella casa del severo predicatore calvinista Elias. In collegio gli viene rivelato il suo vero nome - fino ad allora aveva creduto di chiamarsi Dafydd Elias; ma non trova nessuna indicazione sulla sua vera identità. Solo quarant'anni più tardi, nel 1998 (trent'anni dopo il primo incontro con il narratore) Austerlitz riesce a ritrovare la sua balia a Praga, la quale gli racconta la storia della sua famiglia: come prima dell'arrivo delle truppe tedesche egli sia stato caricato su di un treno verso l'Inghilterra, come il padre sia riuscito a fuggire a Parigi e la madre sia stata invece deportata a Theresienstadt, perché ebrea.

In mezzo c'è la storia di un senso di solitudine e di uno spaesamento sempre più vasti. In uno dei passi più intensi, Austerlitz dice: "Per quanto mi è dato risalire indietro col pensiero, mi sono sempre sentito come privo di un posto nella realtà, come se non esistessi affatto". La sterminata erudizione del protagonista non riesce a colmare questo vuoto, non potendo fungere da memoria compensativa; essa si limita a trasformare in metafora vari aspetti della realtà, fra i quali primeggiano certo le costruzioni evocate continuamente nel testo (Austerlitz è professore di storia dell'architettura): dalle stazioni ferroviarie come quella di Anversa, dove i due si incontrano per la prima volta, significativamente nella Salle des pas perdu, ai fortini-lager come Breendonk o Theresienstadt, "paranoidi elaborazioni" architettoniche, folli fin dalla loro concezione, folli già prima del loro utilizzo ai fini dello sterminio, a quel >monumento ipertecnologico che è la Bibliothèque Nationale di Parigi, considerata "disgustosa" da Austerlitz. L'architettura è qui una cristallizzazione della Storia; e il Napoleone evocato dal nome del protagonista occhieggia da molti passi di questo inquieto e malinconico autore, come grande metafora della violenza storica.

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Conosci l'autore

Winfried G. Sebald

1944, Wertach, Algovia

Scrittore tedesco. Con "Vertigini" ("Schwindel. Gefühle", 1990), "Gli emigrati" ("Die Ausgewanderten", 1992), "Gli anelli di Saturno. Un pellegrinaggio in Inghilterra" ("Die Ringe des Saturn. Eine englische Wallfahrt", 1995) e "Austerlitz" (2001) si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica internazionale. Nelle sue opere si delinea una malinconica riflessione sull’uomo, sulla tragicità della storia, sull’importanza della memoria, e si manifesta l’impegno di fondere la finzione narrativa con la tensione documentaria. Tra le altre pubblicazioni: "Soggiorno in una casa di campagna" ("Logis in einem Landhaus: Über Gottfried Keller, Johann Peter Hebel, Robert Walser und andere", 1998), "Storia naturale della distruzione" ("Luftkrieg und...

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