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E' uno dei più eleganti e bei libri che ho letto fin'ora.L'avevo acquistato come regalo per una mia zia, anziana, ma buona lettrice! Mai avrei tolto da uno scaffale, anche del web, una storia, anche se biografica, d'amore. Uno spaccato di storia , di persone, di ideali veri e italiani/europei. Ma la mia ammirazione va sopratutto alla scrittrice. Se si può usare la parola phatos, non me ne viene un'altra, nel racconto lo SENTI. Ci sono le luci e le ombre di personaggi che non restano nel libro, ma escono e alla fine della lettura, protatta anche ai ringraziamenti per allontanare il momento del distacco, sono esattamente persone calate nel loro tempo, un tempo vero e vivo! Come vi è riuscita essendo un primo libro! Bravissima! Così ho infranto il mio pregiudizio sui portatori di cognomi doppi e conosciuti... ovviamente a mia zia lo farò leggere però, il libro, resta nella mia biblioteca...!
Davvero una piacevolissima lettura: un libro che unisce ad una seria documentazione una grande empatia verso i destini dei protagonisti; è un piccolo frammento di biografia, ma getta luce su un intero periodo artistico e sociale. Meglio, molto meglio di un romanzo.
Più che un romanzo è un saggio scaturito dalla casualità nel trovare qualcosa di diverso da quello che si stava cercando: un baule rimasto chiuso per cinquant'anni dalla morte di Vittoria Colonna, secondo la sua volontà. Sembra una storia inventata, ma, come spesso accade, la realtà supera la fantasia, ed ecco scaturire tra le varie lettere che Vittoria aveva scritto al marito, anche quelle meno ovvie indirizzate a Boccioni o ricevute da lui. La loro intensa e brevissima storia d'amore non può avere uno scenario più idilliaco: l'isola di San Giovanni sul lago Maggiore nel mese di luglio del 1916. E' un mondo sospeso in tempo di guerra, il futuro è qualcosa di indefinito, è lì, ma non si è sicuri che si possa afferrare. E in effetti Boccioni poco dopo morirà, cadendo da cavallo; chissà se la sua ostinazione a volere imparare a cavalcare non fosse scaturita dall'avere incontrato la perfetta amazzone Vittoria. A lei non rimarrà che custodire in gran segreto un amore clandestino che la quotidianità non ha avuto il tempo di sciupare.
Recensioni
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Lei si chiama Vittoria Colonna, un nome pieno di risonanze storiche e artistiche, e un pedigree composto da tutte le grandi famiglie dell'aristocrazia romana, nel suo caso quella colta, aperta, internazionale, avventurosa. Ha trentacinque anni ed è sposata a Leone Caetani di Teano, rappresentante di un altro grande casato romano, più chiuso, più stravagante nel suo stile di vita quasi tribale (vivono tutti insieme, e litigiosamente, in un grande palazzo di famiglia). Vittoria, oltre che bella, come ci mostrano le fotografie d'epoca, è intelligente, curiosa, cosmopolita, poliglotta, spregiudicata: probabilmente non un modello di tradizionali virtù coniugali, secondo quanto suggerisce questa cronaca, ma come suo marito, che passa la maggior parte del tempo nelle sue terre di Cisterna di Latina e a dedicarsi ai suoi studi di islamistica, assestata su un equilibrio del distacco.
C'è anche, in questo quadro, e a spiegare forse certe fughe di Vittoria, certi saggi accomodamenti della coppia, un figlio adolescente molto amato che non è tanto giusto, che sta male. Sembra inevitabile, quasi un destino scritto, che il giorno del 1916 in cui l'irrequieta Vittoria incontra in casa di comuni amici, sulle sponde del Lago Maggiore, il fascinoso, brillante, tormentato Umberto Boccioni, genio del Novecento, portabandiera del futurismo, artista di fama, oltre che uomo molto piacente nei suoi trentatre anni, scoppi una scintilla di attrazione e di fascinazione reciproca. Accade così che, lasciati alle spalle i palazzi romani, Vittoria si concentra sull'Isolino di San Giovanni, la villa sulla più piccola della Isole Borromee che Vittoria ha in affitto e che sta trasformando, casa e giardino, in una piccola personale utopia della bellezza e del bel vivere. All'Isolino, indifferente ai pettegolezzi, e in una sorta di bolla che li isola dalla storia e dal tempo, Vittoria e Umberto vivranno una breve e intensissima stagione d'amore, prima che la guerra (siamo nel 1916, anche se non sembra, nella pace del Lago Maggiore, anche se Vittoria fa di tutto per censurarne la coscienza) richiami Boccioni al dovere e a un tragico appuntamento con il destino.
Sulla base di uno smilzo ma eloquente pacchetto di diciannove lettere incontrate per caso mentre faceva ricerche per un'altra storia, un altro libro (undici missive di Boccioni, otto di Vittoria Colonna, più un frammento mai spedito), Marella Caracciolo ha costruito un libro che non è un romanzo ma che del romanzo ha tutta la passione e l'andamento, appunto, romantico – anche se a Boccioni l'aggettivo avrebbe fatto orrore. Certo, è soprattutto la nostra logica contemporanea a dirci che i due si sono amati: nel loro linguaggio si procede per allusioni, per grandi immagini. Ma si sente la passione. E Marella Caracciolo, con una scrittura limpida, elegante, gentile, riesce a mettere in risalto i dati oggettivi della storia d'amore raccontata da quel pacchetto di lettere nella cornice di un mondo ormai perduto, che vive brillantemente sull'orlo del disastro, anticipato dalla tragica, e "ingloriosa", fine dell'artista.
Irene Bignardi
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