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In appena tre anni Letizia Muratori (romana del 1972) ha pubblicato tre romanzi molto convincenti che le possono far valere il titolo di maggiore esponente di narrativa postmoderna nel nostro paese: si tratta di La casa madre (Adelphi, come gli altri, 2008), Il giorno dell'indipendenza (2009) e quest'anno Sole senza nessuno.
Dei tre il migliore è forse Il giorno dell'indipendenza, anche perché, uscito nel mezzo della crisi economico-finanziaria mondiale, raccontava proprio gli effetti della crisi sugli individui e le relazioni con la storia di un ex banker milanese autoesiliatosi nel Sannio campano ad allevare una specie rara di maiali neri, con il fine di disintossicarsi dalla cocaina. La comparsa di una misteriosa ragazza americana, alla ricerca del suo parente italiano, aggiungeva a quel romanzo toni da farsa, con un viaggio semi-picaresco nell'Italia contemporanea, e per trovarsi infine calati in un clima hitchockiano da vero e proprio thriller. Un thriller picaresco attraverso il nostro paese, una fotografia perfetta del nostro presente e della nostra contemporaneità, con il ritratto di due esistenze "sulla soglia", bloccate nella loro meschinità e nel tentativo di uscirne. Lo sviluppo del loro incontro, terapeutico, è ancora più surreale: un viaggio a Milano per ritirare il premio Maiale d'oro 2008, una festa per il 4 luglio organizzata nella fattoria con tanto di lotteria suina, barbecue, bandiere tricolori e a stelle&strisce e un epilogo a Miami per risolvere tutto l'enigma che grava sul racconto. L'abilità di Muratori sta tutta nella costruzione stilistica di questi due Adamo ed Eva scombinati che tentano di uscire dal paradiso invece che rientrarci: lui è un creativo e ironico "predatore contemporaneo" reso insensibile dalla droga e insofferente verso il mondo e la famiglia dalla quale non riesce a sganciarsi; lei è una nevrotica e arrogante ragazza "interrotta" americana che nasconde un fascino irresistibile e diversi segreti. In quel romanzo Muratori rivelava uno sguardo disincantato e critico sul presente, giocando ambiguamente sull'idea di uscita e reintegro nella società, di fuga e di ricerca, capovolgendo, alla fine, l'orizzonte di aspettativa in un inferno comune. La presenza dei maiali in tutto il libro non era solo una riuscita comica e origine di fraintendimenti, ma diventava anche metafora dell'esistenza umana: il parallelismo tra esseri umani e maiali non si basava sulle presunte qualità negative dei suini, ma sulla condizione di omologazione e costrizione degli animali (sembravano più pecore, infatti).
Per questi motivi vale la pena tirare in gioco l'etichetta "postmoderno" per definire la scrittura e i temi che affronta Muratori: è infatti difficile descrivere una scelta stilistica volta all'immediatezza comunicativa (il contrario della comunicazione, che è quasi sempre mistificazione), coniugata con una trama in apparenza semplice ma molto controllata dall'autrice, che riesce sempre a tradire l'orizzonte d'attesa del lettore, a creare una perfetta trappola narrativa. In altre parole, l'autrice fa dell'incrocio ambiguo dei generi la sua arma di scrittura prediletta.
Anche quest'ultimo Sole senza nessuno gioca sin dal titolo sull'elemento dell'ambiguità, introducendo il tema del femminile cardine di tutto il romanzo: sono i personaggi femminili del romanzo a essere "sole senza nessuno", cioè abbandonate in un mondo di uomini mediocri, o è il sole a non riscaldare più nessuno in un ambiente da dopo-bomba? (In realtà la trama è ancora più curiosa). Muratori ci presenta una famiglia, tre generazioni di donne a confronto, le cui biografie sono fortemente legate alla storia della moda nel Novecento in Italia, un mondo in gran parte rapidamente scomparso a causa delle sue trasformazioni tra i poli industriali di Roma e Milano: la nonna Iole, sarta prestige di importanti firme di alta moda; la figlia Emi, indossatrice mannequin degli anni settanta-ottanta; la nipote Sofia, fotografa di moda di successo e lesbica. Il punto di vista è affidato a Emi, alla quale, ormai invecchiata, decaduta, depressa, lasciata da un marito che si vuole risposare con un'amica della figlia molto più giovane di lui, capita una seconda opportunità di lavoro completamente surreale. Un suo vecchio spasimante giapponese le chiede di essere l'organizzatrice e la responsabile delle benedizioni, una sorta di finti matrimoni, per i turisti nipponici che, nonostante non cattolici, subiscono il fascino dei riti in chiesa. Emi, occupandosi dei vestiti da sposi, dei fiori, delle musiche nuziali e delle foto di queste cerimonie kitsch, deve riuscire a risolvere il rapporto conflittuale e competitivo sia con la madre che con la figlia, deve soprattutto rievocare il mistero che è alla base dei suoi fallimenti affettivi, un mistero che affonda nel passato e in una età dell'oro sia lavorativa che sentimentale.
Da un certo punto di vista il nuovo romanzo di Muratori è una testimonianza utile sullo "stato dell'arte" della condizione femminile oggi nel nostro paese, un quadro non incoraggiante che colpisce per la totale mancanza di solidarietà tra donne, per la crudeltà dei rapporti con uomini che appaiono sempre mediocri e incapaci di entrare nella dimensione dell'adultità. Più in generale, la scrittrice deve aver assorbito molto bene la lezione dell'esistenzialismo letterario, la capacità, infatti, di raccontare tentativi, non importa se riusciti o fallimentari, di allontanarsi dalla vita contingente, dalla condizione di infelicità, "per andare incontro al sospetto di una vita più grande".
Nicola Villa
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