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Il regno - Emmanuel Carrère - copertina
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regno

Descrizione


"In un certo periodo della mia vita sono stato cristiano" scrive Emmanuel Carrère nella quarta di copertina dell'edizione francese del Regno. "Lo sono stato per tre anni. Non lo sono più". Due decenni dopo, tuttavia, prova il bisogno di "tornarci su", di ripercorrere i sentieri del Nuovo Testamento: non da credente, questa volta, bensì "da investigatore". Senza mai dimenticarsi di essere prima di tutto un romanziere. Così, conducendo la sua inchiesta su "quella piccola setta ebraica che sarebbe diventata il cristianesimo", Carrère fa rivivere davanti ai nostri occhi gli uomini e gli eventi del I secolo dopo Cristo quasi fossero a noi contemporanei: in primo luogo l'ebreo Saulo, persecutore dei cristiani, e il medico macedone Luca (quelli che oggi conosciamo come l'apostolo Paolo e l'evangelista Luca); ma anche il giovane Timoteo, Filippo di Cesarea, Giacomo, Pietro, Nerone e il suo precettore Seneca, lo storico Flavio Giuseppe e l'imperatore Costantino - e l'incendio di Roma, la guerra giudaica, la persecuzione dei cristiani; riuscendo a trasformare tutto ciò, è stato scritto, "in un'avventura erudita ed esaltante, un'avventura screziata di autoderisione e di un sense of humour che per certi versi ricorda Brian di Nazareth dei Monty Python". Al tempo stesso, come già in "Limonov", Carrère ci racconta di sé, e di sua moglie, della sua madrina, di uno psicoanalista sagace, del suo amico buddhista, di una baby-sitter squinternata, di un video porno trovato in rete, di Philip K. Dick...
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Dettagli

2015
26 febbraio 2015
428 p., Brossura
9788845929540

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 4/5
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Z
Recensioni: 4/5

Mattoncino sulle prime comunità cristiane, dagli apostoli a San Paolo, da San Giovanni a San Luca. Controverso, ben documentato, interessante.

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Allen W. Beat
Recensioni: 4/5

Il Regno, o potrei anche per fantasia personale intitolare, Atti secondo Emmanuel con un sottotitolo, l'origine del cristianismo pensati da un intellettuale francese. Non è un errore di battitura cristianismo, e non parlerei di cristianesimo, perché ritengo venga trattato come argomento un'ulteriore ideologia umana per dare un senso definito alla nostra strana e improbabile vita casuale. In questo libro, lungo, appassionato, personalissimo (considerando che l'autore si è convertito al cristianismo e successivamente ha abbandonato ufficialmente l'adesione alla religione istituzionale della Chiesa ma non spezzando mai il proprio legame con il Cristo, o così sembrerebbe), pieno di riflessioni argute e sfiziose, supposizioni e invenzioni da romanziere, citazioni storiche che passano dal rapporto conflittuale tra Lenin e Troskji agli epigrammi di Marziale fino alle satire di Giovenale, o al divertente (soprattutto per il libro in questione) amore espresso per la pornografia e il video di automasturbazione della moretta da rivedere infinite volte. La struttura del libro è aperta da una autobiografia (che fa conoscere anche la figura interessantissima di Hervé). Successivamente tratta le figure di Paolo-Saulo e Luca, discepolo di Paolo. La stesura delle lettere paoline, i primi vangeli, la fonte Q(uelle), le fonti proprie, i vangeli apocrifi, insomma tanti argomenti ripensati durante la conversione e dopo la conversione. La buona fede espressa e dichiarata ci dà il tono del volume. Impegnativo ma scorrevole. Per chi crede, un buon libro per riflettere. Per chi non crede, un possibile libro per capirci qualcosa nel caos di una religione. Per chi non ha interesse sull'argomento, lasciate perdere, anche se non saprete mai nulla della moretta. Peccato.

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v.b
Recensioni: 5/5

Un bell'approccio razionale al periodo in cui si formò il Nuovo Testamento. Un tentativo riuscito, un romanzo che in modo distaccato e piacevole, rilegge a modo proprio (e in gran parte corretto) le vicende dei primi cristiani in attesa del ritorno del Risorto. Da leggere, anche per un agnostico.

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Recensioni

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Voce della critica

Il Regno è un viaggio appassionante nelle nostre radici cristiane e religiose. Bisogna conoscere per credere, ma bisogna anche dubitare. La ricerca è frutto delle tentazioni, delle elucubrazioni, ma disquisire sul cristianesimo non è l’obiettivo del libro. L’autore francese, infatti, ci regala un’autobiografia che parla ad ogni lettore, rappresentando concretamente le nostre perplessità, anche quelle che non avranno mai una risposta.

Questo libro scorre sul filo delle emozioni, si divora in base alla nostra fame di sapere. C’è chi lo troverà noioso; c’è chi si tufferà tra le sue pagine e ne uscirà rigenerato, con gli occhi pieni di stupore. Io faccio parte della seconda categoria di lettori ed è per questo motivo che ne voglio parlare con la massima chiarezza, perché ogni pagina di questo libro mi ha donato maggiore consapevolezza.

Il Regno non è un saggio storico, non è l’ennesima inchiesta sui Vangeli, non cerca di distruggere la fede. Carrère parte da se stesso e dal suo rapporto con la religione, dopodiché, indaga e ci presenta il suo resoconto. La sua indagine non ha come fine la risoluzione di un cold-case o di scovare il colpevole, ma ci fa entrare nel cuore di quelle prime comunità cristiane, che con inaudito fervore abbracciarono le parole di un credo nuovo e inaudito.

Carrère si concentra sui suoi massimi divulgatori: San Luca e San Paolo. Il primo è il medico macedone che attraverso il suo Vangelo ci dona un’immagine poetica della vita di Gesù; il secondo ha portato la fede tra i “gentili”, i “non circoncisi”, scontrandosi anche con i discepoli rimasti a Gerusalemme e ancora legati a un “cristianesimo” per soli ebrei. In questo scontro storico, davvero accaduto e a volte violento, Carrère riporta alla luce quegli interrogativi che ci appartengono e ci perseguitano. In noi esiste solo il dubbio. La fede toglie ogni perplessità e ci fa semplicemente credere che tutto sia avvenuto come ci è stato tramandato. In questo scontro tra dubbio e convinzione, verità e verosimiglianza, stanno le pagine dello scrittore francese.

Un viaggio per l’appunto che non approda a qualche certezza, ma che ci aiuta nella nostra ricerca. Carrère ha pensato a tutto. Il suo lavoro è stato mastodontico. Ha ficcato il naso in tanti documenti, ha cercato tra le tante parole scritte nei secoli. Parte dalla sua esperienza, si mette a nudo e si dà in pasto al lettore. Non imita Cristo, ma va alla ricerca del suo messaggio. In San Luca, Carrère trova qualcosa di autentico. Questo evangelista infatti indagherà, scoprirà, riporterà ciò che ha appurato, stando lontano dai dogmi.

Una religione dogmatica è una fede farisaica. Tutto ciò che Carrère fa è comportarsi da uomo dubbioso, tenendosi lontano dalla verosimiglianza e avvicinandosi il più possibile al cuore di un messaggio millenario e ancora affascinante. Non trasforma il cristianesimo in sterile filosofia, non fa apparire Cristo come un guru, non apostrofa i discepoli come visionari; l’autore francese si affida semplicemente alla sua fame di verità. Ci dona pagine indimenticabili che tutti dovrebbero leggere, perché in questo gran mistero chiamato “Gesù” sta la parabola di ogni virtù e miseria umana.

Recensione di Martino Ciano

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La recensione di IBS


Vincitore Premio Mondello 2015 - Sezione Autore Straniero

Si può descrivere in molti modi Emmanuel Carrère, uno dei più noti autori francesi contemporanei: indagatore di vite ordinarie e straordinarie, narratore di storie oscure e biografo simbionte, capace di raccontare con sensibilità vite passate e presenti e di poter trarre da esse materia per altri romanzi e storie.
Quasi tutta l’opera di Carrère è un volano che si alimenta dei racconti altrui, alla ricerca continua di un’origine e di un orizzonte di senso per sé e per i suoi lettori. In particolare, il fascino delle sue biografie non risiede propriamente nella loro compiutezza e minuziosità, che pure non fa loro difetto: Carrère non desidera fare recinto attorno ai suoi personaggi, esaurendone la portata e il mistero; al contrario, la sua abilità è quella di testimoniare dello scarto che occorre tra ciò che si può raccontare degli esseri umani e ciò che è sufficiente lasciar presagire. Così accade nel racconto della vita di Philip K. Dick: Io sono vivo, voi siete morti e nel più recente Limonov, libro dedicato alla vita del controverso scrittore ucraino.
Nel 1993 Carrère si avvicinò alla figura di Jean-Claude Romand, che nel gennaio dello stesso anno aveva sterminato i suoi familiari per il timore che la sua vita di menzogne e sotterfugi - celati dall’abile recita di una vita abitudinaria e borghese - rischiasse finalmente di essere messa a nudo.
Una storia tragica e perfettamente romanzesca. Carrère scrisse una lettera a Romand, deciso a dedicare un libro alla sua vicenda, che poi divenne L’Avversario. L’autore trovò una definitiva intesa con lui dal momento in cui chiese all’assassino quale fosse il suo rapporto con Dio e con la religione cristiana. Parlando del “mistero della fede”, Romand prese fiducia e si aprì alle curiosità di Carrère, iniziando a rivelargli i dettagli della sua tormentosa storia. Il Regno parla proprio della fede: quella dei primi cristiani, degli apostoli, degli evangelisti, di San Paolo e dei convertiti. E quella dell’autore stesso, che fu cristiano fervente per alcuni anni della sua vita.
Le due strade, quella biografica e autobiografica, si incrociano costantemente nel libro, in un’opera di contrappunto e di autoanalisi colta ed affascinante. A distinguere l’operazione di Carrère da quella di un qualsiasi storico o romanziere contemporaneo è l’abilità dell’affondo psicologico e la capacità di connettere creativamente vicende e personaggi provenienti da mondi culturali e religiosi diversi, ottenendo un risultato che non potrebbe essere raggiunto unicamente da una pur volenterosa e attenta lettura della Bibbia e dei più affidabili tra i testi dell’antichità.
Carrère si concentra in particolare sulla figura di Paolo di Tarso e dell’evangelista Luca, tra i primi divulgatori del verbo cristiano. Il primo è presentato come un esaltato rivoluzionario e abile comunicatore, capace di utilizzare alla perfezione la retorica paradossale che sta al centro del cristianesimo - la rinuncia ai compromessi della vita a favore di una verità “altra” - per convincere e convertire genti e popolazioni diverse. Carrère è evidentemente affascinato dalla “folle passione” di San Paolo, ma è colpito anche dalla più mite fede di Luca - medico macedone e abile narratore - nel quale sembra identificarsi maggiormente.
Attorno ai due personaggi si dipanano dedali di storie e le trame dei continui mutamenti religiosi e politici avvenuti dopo la morte di Gesù: i conflitti tra i pagani e i cristiani, le guerre giudaiche, i destini di Seneca e Nerone, le scelte di figure ambigue come quella dello scrittore e diplomatico Giuseppe Flavio, dotato dell’opportunismo di chi sa scegliere con puntualità dove e con chi conviene stare.
L’autore appare in continua dialettica con i suoi personaggi, le cui disavventure e turbamenti religiosi, così raccontati, possono apparire verosimili e affascinanti anche al lettore più indifferente ai temi della fede. Quando il romanzo torna al presente, Carrère parla di sé.
Ciò che gli è rimasto del suo passato di fedele è senz’altro il persistente senso di colpa e il riconoscimento dei propri limiti: sembra volerci dire che un uomo, qualsiasi uomo, è quasi comicamente incapace di comprendere e di fare suo lo scandaloso messaggio di Cristo. L’autore racconta a questo proposito un evento tragicomico avvenutogli nel recente passato, quando assunse una tata per la cura dei figli. Inizialmente ha fiducia in lei e, avendola salvata dalla miseria e dalla vita di strada, ammette d’essersi compiaciuto della propria munificenza. La governante finirà col dimostrarsi molesta e assolutamente inaffidabile, ma, paradossalmente e proprio per queste ragioni, molto più vicina al senso del messaggio cristiano di quanto lo fosse l’ipocrita scrittore, con la sua bontà tiepida e di comodo.
Carrère è magistrale nel lasciare intuire, richiamandosi ad episodi di vita vissuta, quale possa essere la natura effettiva della scandalo cristiano: l’etimo di scandalo è “inciampo”, “ostacolo” e Cristo è venuto a complicare la vita degli uomini, non ad alleggerire il loro fardello. Lo scandalo è portato anche da San Paolo, che l’autore decide di mettere a confronto con un personaggio classico del mito greco, adottato come simbolo autentico della modernità “illuminista”: Ulisse. Tanto Paolo di Tarso rinnega la famiglia, l’origine, tutto ciò che esiste, quanto al contrario, Ulisse rifiuta l’angolo di Paradiso e di eterno oblio offertogli da Calipso per poter ritrovare la strada del suo passato: Itaca. Ulisse viene ironicamente descritto da Carrère come un uomo tutto d’un pezzo, che rinuncia alle proposte allettanti di una vita eterna e lontana dal dolore e dalla sofferenza, una scelta che nessun comune essere umano, oggi come ieri, farebbe facilmente. La rappresentazione della figura di Ulisse è qui modernizzata e palesemente ironica ma può rappresentare una caduta di stile per i lettori italiani, abituati a rivisitazioni simili del mito greco operate, per decenni, da Luciano De Crescenzo. Chiuse queste parentesi digressive Carrère si premura di tornare sempre al Nuovo Testamento, e soprattutto ai Vangeli: una potente opera della fantasia umana, a cui l’autore ha fatto appello - così come il suo amato Philip Dick usava ricorrere alla consultazione del libro cinese degli oracoli, l’I Ching - per affrontare gli snodi della sua vita e per ricercare nuovi spunti creativi. Essere cristiani sembra significare, per Carrère, essere in grado di ascoltare una storia difficile e affascinante, e riconoscere che la radicalità e il senso del dubbio possono andare a braccetto per chiunque, credente o ateo, in nome di un più raffinato e completo confronto con il visibile e con ciò che è nascosto agli occhi.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Emmanuel Carrère

1957, Parigi

Emmanuel Carrère è scrittore, regista e sceneggiatore francese.Laureato all'Istituto di Studi Politici di Parigi, è figlio di Louis Carrère e della sovietologa e accademica Hélène Carrère d'Encausse figlia di immigrati georgiani che fuggirono la Rivoluzione russa.I suoi esordi sono stati nella critica cineatografica, per «Positif» e «Télérama». Il suo primo libro, Werner Herzog, un saggio, è stato pubblicato nel 1982. Il suo esordio come romanziere risale invece al 1983: è L'amico del giaguaro, pubblicato da Flammarion. Il successivo Bravura (1984, in Italia pubblicato nel 1991 da Marcos y Marcos), invece, è stato pubblicato da POL, editore con il quale da allora non ha più interrotto...

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