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Il malessere della medicina. Un confronto internazionale - Guido Giarelli - copertina
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Il malessere della medicina. Un confronto internazionale - Guido Giarelli - copertina

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2003
2 febbraio 2006
512 p.
9788846447487

Voce della critica

Su alcuni temi, come la salute e la scuola, i nostri politici, ma anche molti loro collaboratori tecnici, sembrano affetti da un grave vizio ideologico. Ignorando molti degli aspetti tecnici e scientifici alla base di fenomeni come la salute dei cittadini o i principi della pedagogia (pensiamo all'abisso tra la teorizzazioni morattiane - e la pratica conseguente -, e la genialità pedagogica del compianto Malaguzzi), ci propongono "riforme" confuse e pasticciate, che con tutta probabilità contribuiranno allo svuotamento dall'interno di istituzioni che, fin qui, hanno dignitosamente funzionato.

Parliamo del nostro Servizio sanitario nazionale. Tutti sanno, ormai, che esso è giunto secondo nella classifica del 2000 dell'Organizzazione mondiale della sanità, tenendo conto di diversi indicatori incluso il rapporto costi-benefici. Se dunque abbiamo bisogno di una riforma, essa deve andare nel senso di rafforzare alcuni aspetti deboli del ssn, come la "continuità assistenziale" o la qualità alberghiera, non invece nel senso di ridimensionare il ssn. L'indagine dell' oms aveva molti difetti, ma sicuramente confermava quanto economisti sanitari ed epidemiologi dicono da anni, e cioè che i migliori risultati sanitari sono stati ottenuti, dal secondo dopoguerra, in quei paesi che hanno la maggior quota della spesa sanitaria investita nel settore pubblico. In modo molto analitico e documentato questa constatazione emerge chiaramente anche dal libro di Giarelli.

Guido Giarelli, che insegna antropologia sociale all'Università di Bologna ed è presidente della Società italiana di sociologia della salute, ha scritto un libro bello e utile. La principale parola-chiave del volume è forse "riforma". Giarelli mostra infatti come sotto questo termine si ritrovino concezioni e pratiche estremamente disparate, che vanno da cambiamenti top-down ispirati a politiche neoliberiste (l'esempio più famoso fu quello di Thatcher) a mutamenti spontanei legati a cambiamenti nell'epidemiologia delle malattie e all'atteggiamento dei consumatori. Attraverso un'analisi rigorosa di cinque casi nazionali (Stati Uniti, Gran Bretagna, Svezia, Germania e Francia) Giarelli identifica le diverse componenti del mutamento dei sistemi sanitari, che qui di seguito cercherò schematicamente di riassumere.

I Servizi sanitari nazionali universalistici, finanziati attraverso la fiscalità generale, sono nati nel dopoguerra (l'esempio inglese è quello più noto) sulla base di alcuni semplici presupposti: i) la necessità di assicurare il "rischio malattia", cioè consentire a tutti di far fronte a malattie acute, spesso devastanti, la cui cura non era alla portata dei singoli, e che potevano comportare gravi conseguenze sociali (impossibilità di lavorare); ii) la disponibilità di un numero abbastanza limitato di interventi medici efficaci e relativamente poco costosi, in gran parte scoperti durante la seconda guerra mondiale o nell'immediato dopoguerra (il cortisone, gli antibiotici, i citostatici, e naturalmente la chirurgia); iii) la disponibilità del pubblico ad accettare un certo grado di paternalismo (equivalente a non mettere troppo in discussione i consigli del medico), a ricorrere alla medicina per problemi seri, e ad accettare anche un sostanziale ruolo dello stato nel decidere dell'organizzazione dei servizi sanitari.

Se consideriamo quanto è successo in questi ultimi decenni (almeno dai primi anni ottanta) il quadro è sostanzialmente mutato. L'industria farmaceutica riconosce di essere in una crisi profonda, in parte generata dallÆevidence-based medicine, cioè dalla richiesta di maggiore trasparenza delle basi scientifiche delle prescrizioni mediche e dalla denuncia dei conflitti d'interesse. L'industria farmaceutica, abituata ad altissimi profitti, è tuttavia in crisi di idee, e non riesce a sviluppare nuove molecole convincenti per la cura di molte delle malattie dominanti (Alzheimer, Parkinson, cancro, ictus, malattie psichiatriche). L'industria si orienta pertanto verso tre grandi settori: la diagnostica precoce, la genetica e le molecole che affrontano non tanto malattie quanto problemi relativi al benessere e alla cura del corpo (potenza sessuale, calvizie).

evidence-based medicine ha rivelato che per molte prestazioni mediche l'efficacia è quanto meno modesta, e d'altra parte per le stesse terapie di utilità dimostrata il rapporto tra costi ed efficacia marginale è crescente (ogni nuova generazione di citostatici, per esempio, costa molto più delle precedenti ma comporta un modesto incremento dei benefici, con alcune eccezioni). Lo stato, d'altra parte, attraversa una crisi fiscale che non gli consente di aumentare a dismisura l'offerta di prestazioni sanitarie: non tanto quanto consentirebbe la disponibilità tecnologica e neppure a sufficienza per rispondere alla domanda dei cittadini. I cittadini stessi hanno cambiato attitudini verso la medicina, non accettando più il paternalismo medico. Il concetto di autonomia decisionale dei pazienti si è fatto così potente da ampliare la domanda di prestazioni mediche, anche al di là di quanto sarebbe ragionevolmente sostenibile sulla base delle prove scientifiche, da creare importanti sbocchi per il mercato privato (produzione di servizi e acquisto out of pocket), e da aumentare la conflittualità/litigiosità tra pazienti e medici.

Infine, si è modificata l'epidemiologia delle malattie: mentre le patologie dominanti ancora nel secondo dopoguerra erano malattie gravi e acute, o almeno si presentavano in forma acuta e spesso avanzata, oggi la disponibilità di strumenti di diagnosi precoce e la più generale attenzione alla salute fanno sì che gli eventi sanitari non siano più circoscritti nel tempo ma siano diluiti nello spazio di un'intera esistenza: da quando nasciamo a quando moriamo si succede una lunga teoria di test clinici e (più raramente) di prescrizioni terapeutiche. Le malattie sono identificate prima, e, nella migliore delle ipotesi, curate più efficacemente. Ma in altri casi l'enfasi sulla diagnosi precoce significa solamente più esami inutili (di non provata efficacia), o addirittura risultati falsamente positivi. Inoltre, mentre l'assicurazione obbligatoria contro la malattie acute era sostenibile, reggere i costi di un'assistenza sanitaria sempre più diluita nel corso dell'esistenza della persona, attraverso una lunga sequela di test diagnostici o predittivi, diviene alquanto difficile.

Per tornare alla situazione italiana, il libro di Giarelli contribuisce anzitutto a chiarire alcuni aspetti centrali della discussione politica intorno al nostro ssn, per esempio il fatto che la spesa sanitaria pubblica italiana non è affatto eccessiva e anzi tende a essere leggermente inferiore - in proporzione - a quella di altri paesi sviluppati. Ma, soprattutto, fornisce un quadro interpretativo di grande coerenza e ricchezza argomentativa; un quadro che dovrebbe costituire il presupposto necessario per qualunque discussione intorno alle cosiddette "riforme".

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