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Corpo forte e pensiero debole. Immagine, efficientismo, edonismo, sessualità e corpo umano nel postmodernismo
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Corpo forte e pensiero debole. Immagine, efficientismo, edonismo, sessualità e corpo umano nel postmodernismo - Carmelo Carabetta - copertina
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Descrizione


Il volume analizza e studia, in un'ottica prevalentemente sociologica, il ruolo del corpo umano nei rapporti sociali, nel mondo lavorativo e nei processi di inclusione o di esclusione sociale, sia nella società contemporanea sia presso le culture più significative del tempo passato. In un evidente processo di ribaltamento, il corpo e la sua fisicità, ritenuto per lunghi secoli come la parte meno nobile e più pericolosa, nella società presente si configura come il centro dell'interesse degli individui. Si assiste ad un declassamento della spiritualità, che si interfaccia con un diffuso processo di desentimentalizzazione di chiara matrice materialista, che invita a "vivere secondo la carne", in opposizione ad una tradizione culturale propiziata dagli insegnamenti testamentari. Nella società contemporanea, all'anima non si riconosce più la centralità dei secoli passati. I recenti sistemi culturali sopravvalutano il corpo, che si afferma come il riferimento più immediato, meno ingannevole e meno equivoco sul quale scrivere il piacere e sul quale leggere le analoghe sensazioni. Il dogmatismo biologico incentrato sulla ipervalutazione del corpo e sulla sessualità a dismisura, favorisce nuovi modi di vita, sollecitando la crisi di alcune istituzioni e la neutralizzazione della tradizionale dimensione etica.
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Dettagli

2007
26 novembre 2010
176 p., Brossura
9788846485038

Valutazioni e recensioni

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Stella Alpina
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Purtroppo per me, oltre a questo libro, ne ho dovuto studiare altri dello stesso autore, per sostenere un esame nella sua disciplina d'insegnamento, come "Giovani, cultura e famiglia" e "Amore e trasformazioni culturali e sociali" che mi sono sembrati l'uno la rielaborazione non-indispensabile dell'altro. C'è un termine che mi gira in testa con cui potrei stigmatizzare l'opera, e cioè: misogina. Oltre all'agghiacciante disanima sul venir meno della verginità come valore per la donna che, di certo non mi aspettavo di ritrovare in un saggio che si presume dovrebbe essere "scientifico", sulla quale è meglio soprassedere, non sono riuscita a cogliere il legame tra la crisi valoriale che ha investito la post-modernità, la rivoluzione sessuale e l'emancipazione della donna. Sembrerebbe che per l'autore, tutti i mali che affliggono le società odierne siano sostanzialmente riconducibili: 1) al trionfo della sessualità pregenitale, o, in altre parole, all'incapacità dei giovani ed, in particolare, delle ragazzine, di controllare le proprie pulsioni 2)al progresso tecnologico 3)al culto dell'immagine, che si ripercuotono, con esiti destabilizzanti, sulle strutture panottiche di sorveglianza, come la chiesa, la scuola, la famiglia e persino i partiti politici, depotenziandone la compagine unitaria. Una prospettiva, a mio avviso, eccessivamente banale e, per ciò che attiene alla questione relativa all'emancipazione della donna, aggiungerei anche offensiva per il genere femminile che, a mio giudizio, non apporta un grande contributo al panorama scientifico e, più in generale, alla società, visto che di stereotipi anti-ginocratici siamo già sufficientemente forniti. 1) Le donne non sono tutte uguali. 2) La verginità non è un valore, ma una scelta personale. Salverei, con qualche riserva, l'analisi sull'edonismo e sull'investimento narcisistico del corpo e qualche contributo, a mio parere, un tantino travisato, di autori dello spessore di Bauman,Galimberti, Giddens ed Etzioni.

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