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Questo testo cerca di visualizzare l'intreccio tra la nozione di segno e quella di eros nel pensiero antico. Sul primo versante, si traccia una sorta di 'genealogia del segno' procedendo per tappe: dalla nozione di presagio nella divinazione babilonese ai segni enigmatici del Dio Apollo, fino alla semeiotica medica ippocratica e alla logica stoica. Per quanto riguarda il secondo tema - eros - il testo si apre con una lettura del Simposio platonico: lì, nel famoso mito dell'androgino raccontato da Aristofane, viene utilizzato il termine symbolon per indicare la metà che disperatamente va alla ricerca della propria metà, dopo la lacerazione voluta da Zeus. E' questo un termine che Platone cattura dal lessico dei commerci e destina ad una tradizione millenaria. Simbolo è infatti, fin da questa traccia mitologica, "qualcosa che rimanda a qualcos'altro" (stessa definizione che ritroveremo nelle semiologie contemporanee), e il disegno del movimento simbolico nel Simposio diverrà modello del funzionamento segnico nei secoli a venire. Quello che si perderà, nel percorso che conduce alla semiotica stoica e poi moderna, è il legame tra il rinvio del simbolo e il desiderio erotico, che nel Simposio viene esibito in modo chiarissimo. Contribuendo a colmare una lacuna all'interno degli studi sull'antichità classica, raramente dedicati all'intreccio tra questi temi, il testo propone un'interpretazione teoretica di alcuni motivi che stanno al centro della riflessione contemporanea sul segno e il linguaggio, e lo fa richiamando spesso le questioni più dibattute dell'ermeneutica filosofica.
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