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Napoleone Bonaparte, nella sua prima visita a Firenze nel 1796, era rimasto affascinato dall’opera di Cleomene, la Venere Medicea, oggi conservata nella Galleria degli Uffizi, tanto da volerla ad ogni costo a Parigi. A quel tempo era direttore della Real Galleria granducale il cavalier Tommaso Puccini, il quale non nascondeva la preoccupazione per quanto poteva accadere alle collezioni fiorentine, visti i resoconti delle requisizioni di Milano, Parma, Modena, Bologna, Verona, Mantova, Perugia e Foligno. I timori erano più che giustificati. Il 25 marzo l’esercito francese entrava a Firenze sotto il comando del generale Gaultier. Ferdinando III d’Asburgo-Lorena riparava in Vienna abbandonando Firenze. Charles Reinhard, era nominato plenipotenziario in Toscana. Nonostante le dimissioni da direttore dell’Accademia di Belle arti, Puccini rimase a disposizione delle autorità francesi per cercare di scongiurare la dispersione del patrimonio artistico fiorentino. Tuttavia, il 13 aprile 1799 il governo francese acconsentì che alcuni oggetti d’arte potessero «essere venduti per fare fronte ai fabbisogni dell’Armata». Puccini cercò allora di intralciare i piani e i desideri di alcuni commissari delle finanze francesi, nascondendo alcune opere e facendo leva sulla sensibilità di alcuni ministri. Nei pochi mesi tra il 1799 e il 1800 – in cui l’offensiva austriaca riuscì a cacciare i francesi dalla Toscana – il cavalier Puccini provvide a fare imballare con cura diverse opere della Galleria con l’obiettivo di inviarle al porto di Livorno per essere trasferite in Sicilia e affidate alle cure di Ferdinando III di Borbone. L’isola era allora una dei pochi regni d’Europa a non essere occupata dalle armate francesi. Inoltre, il governo isolano poteva vantare la protezione politica e militare degli inglesi. Nell’ottobre del 1800 una nave con 75 casse, contenenti le opere della Galleria, salpò da Livorno per giungere in novembre a Palermo. Arrivate, le casse furono sbarcate e nascoste.
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