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Questo volume, puntigliosamente curato da Braga e Michelotti, si segnala per molte virtù, ma una in particolare spicca sulle altre: grazie al contributo di numerosi studiosi, il lettore può rimontare la corrente e attingere alle sorgenti, alle fonti prime che ispiravano l'azione di Ernesto Rossi, specie quando egli tirava per il bavero le barbe più venerande, denunciandone le malefatte e sbugiardandone le falsità. Capiremmo poco i sarcasmi di Il malgoverno, comprenderemmo male l'aggressività di Aria fritta, intenderemmo poco e male i puntuti giudizi di Settimo: non rubare (tanto per citare i suoi titoli più famosi), se dimenticassimo che sarcasmi, denunce e polemiche a Rossi venivano per diritta via da letture intense, meditatissime e di cui il presente volume rende, fedele, la testimonianza. In un'epoca come la nostra, dove si indulge al gusto plebeo di far colpo sul pubblico con il botto delle provocazioni clamorose, non è poco dimostrare per tabulas che uno dei più affilati tra i nostri polemisti fu precisamente un uomo di studi e di principi. Principi che, poi, battevano sempre sullo stesso perno: la libertà (intesa nell'accezione liberale). Libertà in tutto: in politica (da cui il suo risoluto anticomunismo e l'altrettanto fiero antifascismo); in economia (da cui la polemica antimonopolistica contro i "padroni del vapore"); in religione, dove è un tesoro di pensiero vivo quello che traluce dalle sue pagine anticlericali, sempre arpionate al postulato primo della sapienza laico-liberale, della sapienza cioè che, indipendentemente dalla forza dei numeri, riconosce a tutti, credenti e miscredenti, le stesse identiche libertà, senza privilegi e senza discriminazioni per nessuno. Non è poco.
Gaetano Pecora
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