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Nella biografia scritta da Luigi Compagna, c'è l'ostinata ricerca delle origini risorgimentali e mazziniane nella tradizione sionista e israeliana che si rispecchiano nella figura del suo illustre "profeta" che, non a caso, si ispirava proprio al nostro Giuseppe Mazzini.
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Herzl, ebreo ungherese assimilato, maturò la consapevolezza della necessità di uno stato ebraico, assistendo in Francia all'affare Dreyfus e al conseguente inasprimento dell'antisemitismo che si verificò nella società: se anche dopo l'assimilazione gli ebrei continuavano a venire perseguitati, l'unica soluzione per difendersi dall'antisemitismo era quella di creare uno stato nazionale ebraico. La novità della proposta, già avanzata precedentemente da altre figure dell'ebraismo europeo, consisteva nell'offrire un modello laico, nazionale, non religioso, e nel trasformare un dibattito interno al gruppo ebraico in una questione che coinvolgeva l'opinione pubblica internazionale. Fin dal primo Congresso sionista tenutosi a Basilea nel 1897, Herzl dovette confrontarsi, e in alcuni casi scontrarsi, con le multiformi anime dell'ebraismo europeo e con le numerose correnti del sionismo, in particolare con il sionismo culturale, sostenuto da Ahad Ha'am, che esortava a una rinascita religiosa ebraica e vedeva nella Palestina una patria spirituale, non statuale, per l'ebraismo. Herzl sottovalutò la presenza araba nella Palestina e rimase profondamente convinto che ebrei e arabi avrebbero potuto convivere in pace in un unico stato. Fece confluire questi pensieri in un romanzo intitolato Altneuland, in cui si narrava di un'utopistica società nella quale ebrei e arabi coesistevano e coabitavano in piena armonia. L'accostamento di Herzl a Mazzini, che a una prima battuta può destare sconcerto e apparire azzardato (anche se non è nuovo), viene giustificato dall'autore con il fatto che entrambi sono "politici dell'irrealtà", "profeti del divenire", che "sfidano il proprio tempo (
) senza rassegnarsi ad operare soltanto su ciò che esiste già (il cosiddetto reale) e avidi di aprire a ciò che non esiste ancora (il cosiddetto ideale)".
Elena Fallo
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