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"L' utopia è come l' orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L' orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l' utopia? A questo: serve per continuare a camminare." Il libro è un' intensa conversazione tra Bruno Arpaia e Luis Sepulveda, in cui si spazia dalla letteratura alla politica, dalla filosofia alla sociologia. Sepulveda esprime una grande saggezza, uno spirito critico figlio dell' esilio, dello studio dell' Uomo e forse dell' ancestrale passione per la vita che caratterizza l' America Latina. Mi ha colpito un bellissimo concetto di Sud: "Esiste un Sud geografico ed esiste un Sud dell' anima. C'è una parte del corpo che invecchia prima, no?, ed è quella superiore, mentre quella inferiore conserva il suo vigore per un tempo più lungo. Nel mondo succede più o meno la stessa cosa. Il Nord è stanco. Il Nord ha mangiato con avidità, mentre il Sud faceva la fame. Il Nord non ha capito che forse dividendo il cibo con il Sud l' intero organismo sarebbe rimasto sano. Così il Sud è stato considerato da molti come un' ultima possibilità quando si fossero esaurite le potenzialità del Nord, una specie di ultima ratio. Eppure, il Sud a suo modo è cresciuto, si è sviluppato, ha prodotto una sua cultura, una sua attitudine mentale ed emotiva. Al Sud è ancora viva una necessità di prossimità; mentre al Nord, per scaldarsi, si poteva usare il carbone che si portava via dal Sud, al Sud si preferiva abbracciarsi per avere il calore che mancava. Così nel Sud è rimasto vivo qualcosa che al Nord è sparito: in quell' abbraccio gli uomini continuano a parlarsi. Diceva Juan Gelman: Il sud genera risposte senza preoccuparsi se le domande siano quelle giuste."
Sinceramente l'ho trovato un libro molto bello e intimo.La visione della politica di Sepulveda,anche se si capiva dai precedenti lavori,è chiara;come è chiaro il suo impegno ambientalista.La visione di una sinistra che ha perso,secondo me,è giusta ma questa critica non è un epitaffio anzi tutta l'intervista è uno stimolo alle nuove generazioni di chiedere sempre di più a chi ci governa.Purtroppo a tutt'oggi i Grandi pensano solo alla guerra e non ad uno sviluppo sostenibile.
"Quando vivi intensamente, capisci presto che la cosa più facile, più normale, è il fallimento. Però solo dai fallimenti ricavi una vera lezione". Altro da aggiungere? Un capolavoro, assolutamente imperdibile.
Recensioni
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«O si è un seduttore o non si è uno scrittore. Se non si è convinti di stare usando le parole più belle del mondo, della necessità di raggiungere con quelle parole un ordine esteticamente perfetto che riempirà di ammirazione chi legge, non si sta credendo in ciò che si scrive. Non si può fare nulla in letteratura se non si parte dalla premessa fondamentale che si scrive per sedurre il lettore.»
Un romanzo è sostanzialmente il racconto di una vicenda e tutto ciò che è superfluo va eliminato: questa è la tesi e il metodo di lavoro di quel grande scrittore che è Luis Sepúlveda e proprio questa idea della scrittura indica come l'essenzialità e la capacità di sintesi sia una delle doti più difficili da possedere. Che cosa è più difficile? Sicuramente tagliare, potare l'albero di parole che si è creato e che di certo fa ombra all'idea centrale del racconto.
Le parole poi devono essere funzionali ai temi che vogliono essere comunicati e non amate in sé, tutto ciò in una visione di contenuti, di concetti e nella concezione stessa della vita che un uomo ha.
Due scrittori, Luis Sepúlveda e Bruno Arpaia, così simili e così diversi, dialogano sulla letteratura e sull'etica, sulla tecnica e sulle scelte, e ciò che emerge è principalmente la stretta unione tra arte e vita, tra uomo e scrittore.
Così il dolore, la sofferenza provata non possono diventare materia della scrittura se non quando la vittima ha raggiunto un certo distacco e sa rendere la propria esperienza in modo universale e non solo strettamente autobiografico.
Ma l'elemento che dà maggior fascino (e che le discrete domande di Arpaia evidenziano) al personaggio Sepúlveda è la sua vita avventurosa e drammatica, la coerenza e l'onestà intellettuale che hanno caratterizzato opere e scelte. Così emerge dal libro come lo scrittore cileno non abbia reputato per anni possibile per lui trasferire direttamente sulla pagina la propria esperienza, anche se avrebbe potuto rappresentare un modello, ma abbia dovuto far trascorrere molto tempo perché la violenza subita era stata eccessiva e non riusciva a trovare parole adeguate a descriverla.
Così si nota l'attenzione al linguaggio, al termine, allo stile oltre che al "messaggio". Altro elemento da segnalare è la lucida capacità di osservare le trasformazioni politiche ed economiche in atto, e la determinazione con cui si schiera (è un suo antico vizio) dalla parte dei perdenti e dei deboli. Così il Sud, del Cile in particolare e del mondo in generale, ha rappresentato la materia privilegiata del suo narrare e la Patagonia con gli immensi spazi e gli immensi silenzi è, grazie a Sepúlveda, diventato un luogo dell'immaginario collettivo, un luogo in cui perdersi è ritrovarsi, e la fantasia può compiere vagabondaggi senza confini.
Si deve ringraziare Bruno Arpaia per la capacità di sollecitare l'interlocutore con domande stringate e che volutamente danno spazio all'intervistato.
A cura di Wuz.it
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