Nel suo ultimo libro Francesco Dell'Oro presenta, senza pretese di organicità, alcune proposte per una riforma dell'istruzione secondaria che porti alla nascita di una scuola (significativamente chiamata scuola di Lucignolo) che non lasci indietro nessuno e sappia sviluppare le potenzialità di tutti gli studenti, sia quelli eccellenti sia quelli con maggiori difficoltà nell'apprendimento, coinvolgendoli e appassionandoli allo studio: una scuola alla rovescia, dove gli studenti sono sempre contenti di andare e dove la competitività lascia spazio alla collaborazione. Sembrerebbe un'utopia, tanto che il libro si apre con il racconto di un sogno, in cui l'autore immagina di essere chiamato a Roma dal ministro dell'istruzione per dare il suo contributo a una nuova riforma della scuola; poi suona la sveglia e il sogno, però, non svanisce, perché Dell'Oro decide comunque di non rinunciare a pensare a una scuola nuova: la realtà si inizia a cambiarla anche dai sogni e dalle utopie. E che la scuola attuale in Italia abbia bisogno di un cambiamento lo dimostra benissimo il dato preoccupante degli abbandoni scolastici, che arrivano oltre al 18 per cento. E se una percentuale può non significare molto, certamente non lascia indifferenti la lunga rassegna delle esperienze di disagio scolastico che Dell'Oro ha conosciuto in qualità di responsabile dell'orientamento scolastico del comune di Milano e che racconta senza nessuna censura (a parte quella del vero nome dei ragazzi): ci sono studenti incapaci di affrontare i fallimenti e che non vogliono più andare a scuola, ragazzi che smettono di studiare per far pagare ai genitori una scelta scolastica non condivisa, ragazzi che, incapaci di reagire al fallimento, entrano seriamente in depressione. Molto spesso l'origine degli insuccessi scolastici è dovuta alla mancanza di dialogo tra quelli che Dell'Oro chiama il pianeta-adolescenza e il pianeta-famiglia oppure tra gli adolescenti e la scuola: la colpa di questa incapacità di comunicare spetta ovviamente agli adulti con un ruolo educativo nei confronti dei ragazzi, che dovrebbero imparare a entrare in contatto con gli adolescenti e a parlare loro tramite il linguaggio delle emozioni, ma che invece spesso non sanno o non vogliono farlo. Agli adulti non viene fatto nessuno sconto ed è a loro che sono rivolte le critiche più forti: i genitori non ascoltano i propri figli e impongono loro la scuola da frequentare (spesso, a priori, il liceo classico o scientifico), mentre gli insegnanti si ostinano a dare voti assurdi come "3,8" o "uno meno meno", a sostenere che bisogna studiare "almeno cinque ore al giorno" e arrivano persino a insultare i propri alunni (con affermazioni come:"Peccato così tanta intelligenza ricoperta di sterco") oppure a bocciare per tre volte consecutive in prima media un ragazzino borderline e a non ammettere all'anno successivo di liceo scientifico un ragazzo vincitore delle Olimpiadi di matematica e iscritto al conservatorio, ma che non ha raggiunto la sufficienza in scienze e storia. Tuttavia, sostiene Dell'Oro, sono proprio i bravi insegnanti che possono dare i maggiori contributi alla scuola di Lucignolo, ma devono imparare ad avere pazienza e a trasmettere agli studenti innanzitutto fiducia e stima, sostituendo il trinomio "rigore-studio-impegno" con quello "passione-interesse-curiosità". Ma nella scuola di Lucignolo, oltre a bravi insegnanti, ci sono anche poche materie, concentrate ciascuna in un trimestre, c'è un primo anno comune con valenza orientativa, ci sono le Lim (lavagna interattiva multimediale) ma anche le tende alle finestre, la carta igienica nei bagni e delle docce in palestra, c'è spazio per il teatro e per la musica, oltre che per la filosofia (e non semplicemente per la storia della filosofia), mentre non ci sono aule organizzate gerarchicamente ‒ con la cattedra contrapposta ai banchi degli studenti o sequenze continue di lezioni frontali e neppure esami di riparazione a settembre né i temi tradizionali. La scuola di Lucignolo è organizzata secondo i principi della didattica costruttivista ed è quindi una scuola-laboratorio, dove il sapere non viene semplicemente trasmesso, ma costruito grazie alla partecipazione di tutti (insegnante e alunni), sfruttando l'intelligenza collettiva piuttosto che le capacità del singolo studente. Che si condividano o no, le molte e disparate proposte di Dell'Oro per un rinnovamento della scuola italiana sono comunque segnale di quanto lavoro bisogna fare perché la scuola smetta di essere per alcuni ragazzi solo sinonimo di noia, ansia e paura e diventi per tutti un luogo dove ci si diverte, dove si può iniziare a coltivare un sogno per il proprio futuro, dove si impara a conoscere, insieme all'italiano e alla matematica, se stessi e dove, soprattutto, si gettano le basi per diventare degli adulti consapevoli e felici. Rachele Pasquali
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