L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Altre offerte vendute e spedite dai nostri venditori
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Questa storia è straziante, ciononostante credo sia quel genere di letture che non possiamo ignorare. Per ricordare, sempre.
Un libro da evitare, in primis per il titolo totalmente ingannevole, il libro infatti tratta principalmente le vicende di guerra nel deserto di questo pseudo-rambo inglese talmente abile ed eroico come soldato da partire caporale e finire soldato semplice per essere stato degradato. Un uomo che si descrive come conquistatore di donne tanto da averne un'intera collezione, poi però confessa che nel medesimo periodo era ancora vergine! Si descrive intelligente, colto e grande studente ma senza titoli di studio. Insomma un eroe solo sulla carta! Anche l'entrata ad auscwitz è una spacconata, infatti si scambierà sì con un prigioniero ebreo ma per 24 ore in tutto, suddivise in 2 notti da 12 ore, il suo gesto eroico è stato quindi dormire con gli ebrei per poi la mattina fuggire a gambe levate e tornare al suo più comodo campo da prigioniero di guerra. L'unica cosa che fa questo vecchietto in cerca di quattrini e gloria è denigrare per tutti i capitoli sul deserto, i poveri soldati italiani, sbeffeggiandoli e deridendoli di continuo. La cosa che più lascia perplesso è la medaglia avuta 70 anni dopo da Gordon Brown proprio per questa farsa delle 2 notti nel campo di concentramento, evidentemente in Inghilterra le medaglie le regalano o sono a corto di eroi veri.
E' vero che il titolo non è molto adatto al contenuto, ma il libro rimane comunque una testimonianza fedele e reale del campo di sterminio di Auschwitz. E', per quanto mi riguarda, un racconto di forte impatto emotivo nel lettore e induce a riflettere sulle atrocità di cui è stato capace l'uomo in tempo di guerra.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Durante la seconda guerra mondiale il giovane soldato inglese Denis Avey (classe 1919) venne catturato dai tedeschi in Egitto e dopo varie peripezie, fra cui una sosta in Italia, finì in un campo di prigionia militare vicino ad Auschwitz. Per la precisione – dato che il lager per antonomasia era in realtà costituito da tre sezioni/località contigue: Auschwitz, Birkenau e Monowitz – Avey si trovò a dover lavorare per i nazisti presso quest’ultimo campo di concentramento, accanto alla fabbrica che il gruppo industriale IG Farben stava costruendo per produrre gomma sintetica.
Appena giunto a Monowitz, ciò che subito lo colpì fu la presenza di migliaia di “strane figure” ovunque presenti nel lager. Essi: “Indossavano tutti camicie e pantaloni logori, a righe, più simili a pigiami che ad abiti da lavoro. I loro volti erano terrei, le teste rozzamente rasate, appena coperte da minuscoli copricapi”. Si trattava di reclusi speciali, in quanto ebrei, destinati, secondo i piani aberranti dei gerarchi hitleriani, a finire presto o tardi nelle camere a gas e nei forni crematori di Birkenau – il famigerato campo di sterminio – ultima tappa esistenziale per milioni di vittime dell’Olocausto. Anche i soldati inglesi vengono costretti a lavorare undici ore al giorno accanto a quelle “povere creature”, riconoscibili non solo dalle “uniformi a righe” ma dalla magrezza estrema che le accomuna tutte. Solo a sera, ricorda Avey, i prigionieri si separano: “loro ad Auschwitz III, di cui sapevamo solo - sussurri tra disperati - che era l'inferno in terra. Noi all'E715, dove ci aspettavano baracche e rancio scarso, ma almeno la certezza di arrivare all'indomani”. Tuttavia questa disparità di condizioni ferisce nel profondo il soldato britannico, il quale – come poi confesserà egli stesso, pubblicamente – è “tormentato dal bisogno di sapere di più” sul trattamento disumano cui sono sottoposti gli internati ebrei. Nasce dunque il progetto, tradotto poi in realtà, di introdursi ad Auschwitz sin nelle baracche dei condannati allo sterminio. Impresa folle, rischiosissima, quella di farsi volontario testimone della barbarie omicida perpetrata dalle SS. Però Denis Avey supera ogni timore, riesce a corrompere un Kapò e per ben due volte, travestitosi con una lercia divisa a righe, entra in quell’inferno, riuscendo poi a uscirvi indenne. Fisicamente, quantomeno, perché a livello psichico le cose non vanno così lisce. L’aver guardato in faccia l’abominio lo segnerà per tutta la vita: mai più dimenticherà l’efferatezza del lager. Anche terminata la guerra e in libertà, infatti, per anni e anni l’ex deportato torna ogni notte ad Auschwitz tramite sogni che puntualmente si trasformano in incubi. Quindi, a scopo di autodifesa, Avey si chiude nel silenzio o, meglio, in un atteggiamento di schivo riserbo che è durato sino a qualche tempo fa; fino al momento in cui gli propongono di parlare della guerra in un'intervista. Solo allora si decide ad esporre la sua testimonianza (giacché quanto il militare aveva riferito ai suoi superiori, una volta fatto ritorno in patria, non era stato tenuto in gran conto), la quale produce un autentico scalpore. Come il suo libro di memorie – scritto alla bella età di novan’anni – dal intolo: Auschwitz. Ero il numero 220543, recentemente tradotto e pubblicato in italiano da Newton Compton.
L’orrore e il dolore dell’Olocausto, a detta di molti ex internati nei campi di sterminio nazisti, sono inenarrabili: davvero letteralmente indicibili. Ma affinché le generazioni future non abbiano a smarrire la memoria storica, i vari Primo Levi, Simon Wiesenthal, Elie Wiesel e tanti altri sopravvissuti ai lager hanno saputo trovare le parole per raccontare quello che non deve e non dovrà mai finire nell’oblio. Ed ogni testo, ogni voce ha una sua specificità, un suo timbro peculiare e irripetibile. Come senz’altro straordinaria e senza eguali è l’avventura di cui Denis Avey fa partecipi i lettori attraverso un registro narrativo scorrevole, nitido, quasi cinematografico, e mediante una scrittura all’insegna della schiettezza e dell’autenticità. In grado di consegnarci la storia di un eroe, ovviamente, ma in primo luogo di un essere umano; con le sue debolezze ed i suoi limiti, certo, ma anche forte d’una generosa compassionevolezza e della convinzione che serva, anzi sia doveroso, divulgare la propria sofferta testimonianza.
A cura di Wuz.it
L'articolo è stato aggiunto al carrello
Le schede prodotto sono aggiornate in conformità al Regolamento UE 988/2023. Laddove ci fossero taluni dati non disponibili per ragioni indipendenti da IBS, vi informiamo che stiamo compiendo ogni ragionevole sforzo per inserirli. Vi invitiamo a controllare periodicamente il sito www.ibs.it per eventuali novità e aggiornamenti.
Per le vendite di prodotti da terze parti, ciascun venditore si assume la piena e diretta responsabilità per la commercializzazione del prodotto e per la sua conformità al Regolamento UE 988/2023, nonché alle normative nazionali ed europee vigenti.
Per informazioni sulla sicurezza dei prodotti, contattare complianceDSA@feltrinelli.it
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore