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Il vocabolario di una lingua è fatto da singole parole, come "gomito", da insiemi di parole il cui significato traspare dai vari elementi, come "gomito a gomito" (a contatto, vicino), o è desumibile solo dall'insieme, come "olio di gomito" (fatica, lavoro duro), ed è anche fornito da espressioni complesse, come "mettere il bastone fra le ruote" (ostacolare, intralciare) o "gambe in spalla" (andarsene in fretta). Gli aggregati di parole, istintivi per chi sa una lingua, sono un'ottima occasione per riflettere sui meccanismi anche culturali della sua formazione, se già la si conosce, e per impratichirsene, se la si sta imparando.
Anthony Mollica, in uno spassoso e fecondo manuale per insegnare italiano senza annoiare, suggerisce, ad esempio, di mostrare tutto quello che si può linguisticamente fare con varie parti del corpo umano, tipo: "far venire la barba", "togliere la parola di bocca", "allargare le braccia", "parlare a braccio", "tirare per i capelli", "battere i denti", "legarsela a un dito", "toccare con mano" ecc., e suggerisce anche di rappresentare visivamente (in vignette) il senso letterale delle singole parole di un insieme per poi confrontarlo con quello metaforico complessivo, come in "cadere dalle nuvole" (e vedi un angelo che cade da una nuvola perché disinformato), "mettere la mano sul fuoco", "topo di biblioteca", "esserci quattro gatti".
Sono solo alcune delle proposte didattiche che Mollica fa in questo libro che, come osserva Bartezzaghi in postfazione, di pesante ha solo il titolo, perché, per il resto, è un ameno e soave repertorio di giochi e battute per riflettere sulla lingua o per meglio apprenderla. Mollica è professore emerito della Brock University di St. Catharines, in Canada, e ha messo a frutto in questo libro la sua decennale esperienza di consulente per l'insegnamento delle lingue nelle scuole dell'Ontario, condendo il tutto con il suo straripante umorismo, una mite allegria ora italiana ora anglosassone. Mollica insegna, ad esempio, l'utilizzabilità e l'utilità didattica delle barzellette, come "Icaro che non ha una buona cera" o la risposta a "perché i capelli vincono tutte le gare" (sono sempre in testa), o a perché "separato" si scrive tutto insieme e "tutto insieme" si scrive separato. I giochi di parole sono una strada divertente e intelligente per esplorare la lingua e offrono una miniera di occasioni didattiche.
Il libro di Mollica dedica capitoli ricchissimi a cruciverba, rebus, piste cifrate, anagrammi, indovinelli. Il suo forte è lo sfruttamento dell'umorismo verbale, come quando, per favorire la familiarità con i contrari, invita a cercare di "coniugare" il verbo "divorziare" o trascrive questa battuta da romanzo: "Fa troppo caldo qui, disse freddamente Tizio" o questa barzelletta: "La mamma: Pierino, ti vedo contento. Mi sembra che adesso ti faccia piacere andare a scuola! Pierino: Ti prego, mamma, non confondere l'andata con il ritorno!". Anche il classico gioco del "colmo" può fornire occasioni metalinguistiche divertenti: "Qual è il colmo per un buono a nulla? Essere capace di tutto. E per un goloso? Mangiarsi le parole. E per un altoparlante? Sentirsi male".
In quattrocento pagine il libro di Mollica propone una messe straordinaria di spunti, materiali, strumenti per l'insegnamento dell'italiano a bambini italofoni o ad adulti non madrelingua, e ha il solo difetto di offrirne anche troppi. Un insegnante ci trova lezioni e idee già pronte per l'uso, chiare, semplici e, quel che è stupefacente, sempre divertenti. Ci voleva un italocanadese per addomesticare lo studio della nostra lingua e mostrare che può essere leggero e piacevole, oltre che utile.
Vittorio Coletti
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