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Parigi. Una dichiarazione d'amore e libertà - Jean Cocteau - copertina
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Parigi. Una dichiarazione d'amore e libertà
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Parigi. Una dichiarazione d'amore e libertà - Jean Cocteau - copertina
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Descrizione



"Parigi ha un'aria di debolezza cui si cela una capacità di resistenza senza limiti".

Crepo di gelosia nel vedere come nei suoi straordinari pezzi su Parigi lei sappia evocare cose che io ho sentito e che son riuscito a esprimere solo in modo assai pallido. - Marcel Proust a Jean Cocteau

Come reagirebbe Jean Cocteau, il poeta e scrittore simbolo di Parigi, cantore del suo fascino e delle sue contraddizioni, alle ferite inferte alla sua città? Con il cuore infranto, ci ricorderebbe che Parigi "possiede uno stomaco da struzzo. Digerisce tutto. Non assimila niente. È questo che le conferisce quell'aria di debolezza dietro cui si cela una capacità di resistenza senza limiti." Parigi ha visto rotolare le teste dei re, ha conosciuto le sagome nere delle bandiere uncinate prima e dei fanatici dell'Isis poi, ma "non vi è nessuna rassegnazione nel parigino" e "a poco a poco, gli strati della società meno atti a entrare in contatto finiscono per congiungersi." Questo libro è una dichiarazione d'amore incondizionata a Parigi e insieme un invito a visitare e perdersi negli angoli più belli e amati da Cocteau, grazie alle schede che ne illustrano le curiosità nascoste. Per riappropriarsi di una città "incredibilmente elaborata, stratificata, ingarbugliata, sovrapposta, fatta di ombre e di penombre", ma che dai suoi contrasti sprigiona scintille di poesia.
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Dettagli

2016
12 gennaio 2016
91 p., Rilegato
9788856638752

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n.d.
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libro deludente, di Cocteau non c'è quasi niente. Veste tipografica ottima per nascondere un quasi niente.

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Voce della critica

Jean Cocteau morì nei pressi di Fontainebleau nel 1963;  nel corso della sua scintillante e prolifica attività aveva molto scritto per il teatro e disegnato scene e costumi per i balletti di Sergey Djagilev. In breve, con la sua versatile intelligenza aveva fatto di tutto: dopo aver esordito come poeta nel 1909, ebbe successo con il romanzo Les enfants terribles (1929) e con taluni suoi film. Fu parte, con il suo versatile e gioioso talento, dell’avanguardia parigina tra le due guerre: suoi amici furono Picasso, Stravinskj,  Satie, Apollinaire ma intrattenne anche rapporti con i più compassati Mauriac, Rostand, Péguy e con Proust che ammira, in una sua nota, il bellissimo ritratto a punta di penna che gli fece Picasso. Dunque questo libriccino, nella accorta traduzione di Sergio Baratto che l’introduce con una breve nota,  è una piccola ghiottoneria: raccoglie testi sparsi scritti nel tempo per le più svariate occasioni. Il primo risale al 1921, e sono poche pagine per una guida. Il secondo, Parigi, del 1942,  ha una sua struttura e ci dà una definizione perspicace della Ville Lumière: “La nostra città, incredibilmente elaborata, stratificata, ingarbugliata, fatta di ombre e di penombre, deve apparire all’osservatore come uno spazio pubblico ciarliero e frivolo”. I modi di conoscerla possono esser quello della talpa – immagine felice – o quello dell’uccello.  L’autore, novello Rastignac, sale a Montmartre. Di lì Parigi si vede particolarmente bene. Nasconde mille insidie perché la città “inganna le persone che la conoscono male. Parigi non è affatto gentile. Parigi è aggressiva”. Dalla collina si scorgono torri, pinnacoli, grandi complessi monumentali, ma anche isole, penisole, la  morgue, mercati enormi, cupole sfavillanti d’oro. Cocteau ci dice inoltre che abitò al Palais-Royal, a cui dedica un testo colmo di tenerezza: belle pagine, molto più tarde, su quel quartiere che  è “una piccola città in una grande città”. Il testo Il nuovo teatro ha un esordio assai bello nella sua icasticità: “Parigi ha due fiumi. L’altro è il boulevard”.

Note sull’amore sono appunti, aforismi, frizzi sul tema. Ne citerò uno solo, che mi pare riassuma lo spiccato senso dell’ironia di Cocteau e rasenti il sarcasmo: “… Le Confessioni di Rousseau, dove sicuramente ha dimostrato più doti romanzesche che nella Nuova Eloisa”. Siamo giunti così a p. 41 di questo delizioso libello: segue un testo, la Parigi di Cocteau, a cura di Marianna Malacrida. Per il vero ci saremmo attesi aderenza al titolo, ma così non è. Sono divagazioni sulle piazze, i giardini, i café, i luoghi cari all’autrice nel cui merito mi guardo bene dall’entrare: ma laPasserelle Simone de Beauvoir, Jean Cocteau non l’ha mai percorsa, come non ha mai visto l’Institut du Monde arabe e l’orrenda Tour Montparnasse che distrusse un antico quartiere. Era già morto. Dunque non è la Parigi di Cocteau, come titola l’autrice.  Non sarebbe stato più utile riempire le pagine necessarie per fare di questi testi un piccolo libro con qualche disegno di Cocteau, e magari con il ritratto che gli fece Picasso e  con una scelta delle foto celeberrime che lo ritraggono  nel corso della sua vita?

Recensione di Cesare de Seta

 

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Conosci l'autore

Jean Cocteau

(Maisons-Laffitte, Seine-et-Oise, 1889 - Milly-la-Forêt, Fontainebleau, 1963) scrittore francese. Amico di Picasso e di Stravinskij, di Apollinaire e di Diaghilev, fu una delle figure più in vista dell’avanguardia parigina nel periodo fra le due guerre. Dotato di un talento multiforme, nella sua copiosa produzione rifletté via via, e a volte anche simultaneamente, tutte le mode letterarie e artistiche di quegli anni. La sua produzione in versi, raccolta in parte nel volume Poesie 1913-1923 (Poésies 1913-1923, 1924), concilia una fantasia influenzata dai pittori cubisti con l’imitazione metrica dei poeti del Cinquecento. Le opere teatrali alternano tentativi di modernizzare gli antichi miti (Orfeo, Orphée, 1927; Antigone, 1928; La macchina infernale, La machine infernale, 1934; Bacco, Bacchus,...

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