Di questo pittore (1858-1899), che si impose nel nostro paese fino alla grande guerra come un mito artistico ed esistenziale, non si era più vista da decenni in Italia una grande rassegna. La mostra milanese si segnala per numero di opere e per prestiti internazionali, tra cui testimonianze straordinarie dell'incredibile talento pittorico di Segantini. A.P. Quinsac è la maggior esperta dell'opera del pittore, del quale nel 1982 ha pubblicato il catalogo generale. Questo elegante volume, catalogo della recente mostra milanese (Palazzo Reale, 14 settembre 2014 - 18 gennaio 2015), ricco di fotografie documentarie e di riproduzioni di qualità, si apre con una Cronologia comparata che ricostruisce, con documenti inediti, la biografia di Segantini, pluripremiato in Italia e oltralpe (specie nei paesi di lingua tedesca), tra gli artisti più pagati del suo tempo, sullo sfondo delle manifestazioni europee del decadentismo e del simbolismo. La curatrice si propone di riportare all'attenzione internazionale questo artista, la cui fama, dopo la folgorante carriera, subì un tracollo nel Novecento, eccetto che in Svizzera e in Italia, e di riaffermarne l'unicità a fronte di studi precedenti, in specie svizzeri. Nel saggio di apertura, Milano, le Alpi, il mondo,approfondisce i legami del pittore con Milano, luogo della sua formazione, ma anche sua "perenne finestra sul mondo dell'arte", specialmente attraverso la frequentazione dei colti mercanti d'arte Vittore e Alberto Grubicy. Disgiunge poi nettamente la tematica rurale di Segantini dalla tradizione realista francese, sottolineando il suo scarso interesse sociale per la vita contadina a favore di un panteismo in cui sono compresi uomini, animali e natura (Alla stanga, 1886). Oltre che il concetto di Segantini Millet italien confuta lo stereotipo "Segantini pittore della montagna" in senso tematico: "Delle Alpi ignora il pittoresco e il sublime", ed è l'unico a "proporre un'ottica sensoriale nel rendere la fisicità dei monti" tanto più evidente quanto più padroneggerà il linguaggio divisionista, dagli anni ottanta (Mezzogiorno sulle Alpi, 1891). Quanto ai discussi dipinti simbolisti Il castigo delle lussuriose (1891) e Le cattive madri (1894), ne dà una lettura in continuità con la pittura precedente, come "una compenetrazione di naturalistico e onirico", una svolta simbolista con relativi riferimenti preraffaelliti maturata non attraverso la conoscenza diretta dell'attualità artistica (che gli era preclusa) ma attraverso le riviste, da "Emporium" al "Marzocco" al "Convito" a "Cronache bizantine" a "Ver Sacrum" presenti nella sua biblioteca. Anche il ciclopico progetto del Panorama dell'Engadina, che avrebbe dovuto figurare all'esposizione universale di Parigi del 1900 (ma di cui ci resta solo l'idea nel grande trittico La vita, la natura, la morte ora al Museo Segantini di Saint-Moritz), è visto nell'ottica dell'evoluzione del pensiero dell'artista, come un tentativo moderno di superare la pittura in una forma di più vasta comunicabilità. Il Trittico stesso, non presente in mostra perché non spostabile, è riprodotto in catalogo e opportunamente completato dai tre disegni che lo prefigurano, i quali rendono vera ragione della sua complessa ideazione simbolista poco intuibile invece nelle tre tele rimaste. Gli altri saggi sono affidati a studiosi perlopiù svizzeri o italo-svizzeri. Vi si discute il Panorama sotto l'aspetto antropologico-sociologico di spettacolo totale, alla pari dei villaggi etnici e dei panorami alpini allora di moda nelle esposizioni universali. Si offre un interessante sguardo ravvicinato alla vita del pittore in relazione alla famiglia, all'amicizia con Giovanni Giacometti e ai legami intrecciati nell'eremo del Maloja, lussuosa stazione turistica popolata da personalità del mondo finanziario e intellettuale della mitteleuropa. Le tappe importanti della fortuna novecentesca di Segantini nei musei della Confederazione e la vicenda che vide trasformarsi la primitiva idea di un monumento al pittore nell'istituzione del Museo Segantini di St. Moritz mettono in rilievo i rapporti dell'artista con la Svizzera. Non mancano contributi interpretativi e alcuni di analisi tecnica. La presentazione delle opere nel volume segue quella della mostra, dividendosi in otto capitoli che, a parte quello iniziale dedicato agli Esordi, si sviluppano per temi (L'evoluzione del ritratto, Il vero ripensato: la natura morta, Natura e vita dei campi, Natura e simbolo, La maternità, Fonti letterarie e illustrazioni, Il Trittico), a ciascuno dei quali è premessa un'introduzione di sintesi. Le sezioni sono a loro volta suddivise al loro interno, ciò che può ostacolare la comprensione del combattuto iter dell'artista nel quale le sollecitazioni tematiche s'intrecciano alle conquiste stilistiche generando contemporaneità stupefacenti, come ad esempio quella tra Alla Stanga e Ave Maria a trasbordo. I principali settori sono arricchiti da serie di disegni che aprono una questione particolare della carriera di Segantini, la distinzione tra fogli preparatori (il cosidetto Disegno/Disegno), le successive rielaborazioni grafiche dei temi dipinti (Il disegno dal dipinto) e le repliche, i Nachzeinungen che Alberto Grubicy sollecitava per ragioni commerciali. Tra i fogli presenti parecchi non sono datati e talvolta sono comparsi in pubblico in anni tardi, per cui è lecito qualche interrogativo sul "prima" o sul "dopo". Ma per quanto riguarda quelli "dal dipinto" sarebbe stata in ogni caso desiderabile l'indicazione dell'olio di riferimento e della sua sede, spesso non immediatamente presenti al lettore. Per le Schede dei dipinti, curate insieme a Donatella Tronelli, è stata fatta la scelta di tralasciare ogni considerazione storico-critica a favore dei dati di proprietà, espositivi e bibliografici utili a mostrare la presenza "capillare e dominante" di Segantini nel collezionismo privato e nella rete mercantile. Una scelta che ci priva dell'analisi delle opere (pensiamo ad alcune delle più memorabili come il Cavallo al galoppo, eccellente suggerimento per il futurismo e al fantasmagorico gioco di luci e ombre portate di I miei modelli) da parte di un'indiscussa studiosa come Annie Paule Quinsac. Concludono il volume gli imprescindibili e molto curati apparati delle esposizioni e della bibliografia, lasciandoci tuttavia il desiderio di rileggere qualche scritto di Segantini e qualche critica contemporanea d'aiuto per metterlo a fuoco anche nell'ambiente italiano. Rosanna Maggio Serra
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