Trieste

Un libro parla in un altro: costole di poesia dentro lo sterno di un impero. Aliti di diario, un ventaglio di istanti, il viaggio di un uomo fra i battiti della sua insonnia. Luca Bidoli racconta se stesso, racconta l'assenza, il calco andato e tuttavia immanente delle 'Borgesiane' cose ad avvolgere la magia del trascorso. Un io spaginato da venti di malinconia che nella scrittura d'incanto rinverdisce in un giro di polso, in un guardare ancora vicinissimo. I dettagli di una "furlana infanzia" rifanno quel mondo nei suoi antichi momenti, inchiostro intinto dapprima nei suoi affacci spontanei: famiglia, amicizie, il caldo fiato di una formazione umana che si estende. E anni dopo colma con alleati magnifici un percorso di dentro che è amore per la cultura, i libri, la folle bibliofilia possibile, perversa amante che anela carezze scelte. Luca sa sfiorarli i libri, comprenderli, soffrirli, come Bodoniano custode che anche nel piombo di una sola lettera sente vibrare la propria interezza. Poi la raffinatezza dei caffè, la preziosità degli incontri, la poesia attraversata nei suoi stenti e nel suo ardore, anche dai fondi oscuri di campagne lontane, dove echi di voce vernacola salgono al cuore come se fosse ieri. Una consegna interiore non dissimile da un catalogo attento, coltivato; carne di pittura, bestemmia, rabbia di borgo, di osteria, di vicinanza rara. Mentre gli urti tellurici sconvolgono le viscere e i sorrisi, Luca cresce e sente la propria chiamata, un caldo inferno di versi che tuttavia rifanno la vita, cullandone con scrupolo ogni segno. Appena un saluto in queste righe, un tributo di umile amicizia, di riconoscenza. Più che quaderni, più che fascicoli questi suoi lavori: lembi di intatta presenza fra le coltri dei decenni. E in quarta di copertina l'omaggio di Magris a siglare la nobiltà di ogni periodo, i meriti e i sogni, gli intenti e i rovesci di un percorso - alla fine - unicamente d'amore. Luca Bidoli fra gli scaffali di Saba. Poesia fraterna.