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Arturo, la stella più brillante - Reinaldo Arenas - copertina
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Descrizione


All'uscita da un concerto, un gruppo di giovani amici finisce in una retata. Militari armati li fermano e li portano via. Tra i ragazzi c'e Arturo che, come vuole la moda, ha i capelli lunghi. Ma nella Cuba castrista questo è un motivo sufficiente per essere arrestato e spedito in un campo di rieducazione, dove Arturo dovrà redimersi e riabilitarsi tramite il lavoro. Per sopravvivere alla vita quotidiana nel campo, al lavoro massacrante, alle punizioni corporali, alle continue umiliazioni delle guardie, Arturo si rifugia nella fantasia costruendosi un mondo immaginario. Che purtroppo non riuscirà a salvarlo dalle asprezze della vita.
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Dettagli

2007
25 settembre 2006
78 p., Brossura
9788860050922

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Daniele Cerrato
Recensioni: 5/5

Un'opera di profonda sofferenza, fatta non soltanto di fisicità ma forse e sopratutto di sottomissione, di annullamento della personalità, che purtroppo ancora oggi troppo spesso avviene nei confronti degli omosessuali. Un annullamento tale che spinge Arturo (la stella più brillante), a dare al pubblico quello che il pubblico vuole, cioè il cliché, il personaggio effemminato che ridacchia e maliziosamente seduce,pur di non soccombere, ma contemporaneamente cerca la libertà con la fuga da quella fisicità che troppo pesa, che troppo punisce. Fugge nei suoi scritti, nelle poesie, nei paesaggi meravigliosi inventati, dove Arturo è solo Arturo. Ma purtroppo la realtà quasi mai si fonde con la fantasia, e quando Arturo si renderà conto di questo, metterà in scena l'ultima fuga, nel luogo dei suoi sogni, pur sapendo che il pegno da pagare sarà la vita.

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alex
Recensioni: 2/5

appendice delirante di Prima che sia notte.

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Voce della critica

L'omofobia dei regimi totalitari è un fenomeno ben noto. Se poi vi si aggiunge la devianza ideologica, il destino di chi sia portatore di entrambi gli stigmi è segnato. E così fu anche per il cubano Reinaldo Arenas. Nato nel 1943 nella provincia agricola di Oriente, fu come molti altri attratto da quanto sembrava offrire la città: studiò quindi prima a Holguín e poi (siamo ora nel 1963) a L'Avana, dove si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia. Non completò gli studi universitari, un po' per il carattere insofferente della sua natura, un po' perché il crescente interesse per la scrittura creativa e per la politica lo chiamavano altrove. Con risultati lusinghieri. È infatti norma che ogni vera tragedia cominci con un icarico volo verso l'alto, al quale segue sempre la caduta rovinosa.
Mentre si guadagnava da vivere lavorando alla Biblioteca nazionale José Martí, i suoi primi cimenti letterari venivano accolti con convinto favore, primo fra tutti El mundo alucinante, che nel 1966 gli guadagnò un importante riconoscimento ufficiale. Il Partito guardava con simpatia, o almeno senza palese avversione, a questo giovane che non faceva mistero della sua omosessualità (non siamo tutti uguali, di fronte ai nemici del socialismo?) e partecipava con entusiasmo ad attività politiche di ogni genere. Ma quando, per così dire, l'esuberanza erotica divenne temerarietà e cominciarono a uscire dalla sua bocca e dalla sua penna le prime critiche aperte alle personalità più in vista del regime, scrittori compresi (mentre Eduardo Nabol Aragón lo chiamava, non si sa con quanto sarcasmo, "Reinaldo Furioso", lui faceva piovere parole al veleno su personaggi del calibro di Aléjo Carpentier e Nicolás Guillén), lo scenario si incupì, con un'accelerazione inquietante.
I suoi articoli sulla rivista letteraria "La Gaceta de Cuba", su cui aveva iniziato a scrivere dal 1968, posero fine a ogni forma di tregua da parte delle autorità. Nel 1973 Arenas veniva tratto in arresto e imprigionato per "deviazionismo ideologico" ed "edonismo" (sic). Forse la sorte sarebbe stata meno crudele con lui se non fosse evaso dal carcere e non avesse tentato di evadere dall'isola usando (e qui il tragico si intreccia al comico involontario) la camera d'aria della ruota di un camion. Facilmente ripreso, fu questa volta rinchiuso in un carcere ben altrimenti duro, El Morro, dove veniva messa a marcire la feccia dell'isola: un destino assai simile a quello del suo amico personale Nelson Rodríguez Levya, anch'egli omosessuale, imprigionato nel 1965 e fucilato qualche anno dopo. Qui, fra assassini e stupratori, tormentato anche sessualmente da secondini che si distinguevano dai reclusi solo perché indossavano la divisa, Arenas discese tutti i gironi dell'inferno. Rilasciato nel 1976 e ridotto al silenzio, nel 1980 beneficiò del famoso accordo per cui gli Stati Uniti si impegnavano ad accogliere svariate migliaia di profughi e poté quindi emigrare in America, più precisamente a New York. Ma il brave new world, così individualista, così edonista nel senso più banale del termine, non gli piacque. La famosa frase, pronunciata durante un'intervista rilasciata a Jesús J. Barquet, secondo cui "la differenza fra il sistema comunista e quello capitalista sta in questo: se ti danno un calcio in culo, nel primo devi pure applaudire, nel secondo ti è concesso di gridare", è divertita solo in apparenza. Ammalatosi di Aids e deluso da tutto, nel 1990 decise di sottrarsi per tempo a più umilianti tormenti ingerendo un letale mix di droghe e alcolici.
Arturo, la stella più brillante, unendosi a opere altrettanto dense (ricorderemo almeno Otra vez el mar, Viaje a la Habana e l'autobiografia Antes de que anochezca, edita in Italia da Guanda; nel 2000 Julian Schnabel ne ha tratto un film di buona fattura), compone il ritratto di uno scrittore sostanzialmente lirico, che fa dipendere le scelte stilistiche da una visione della vita come fastosa festa dei sensi, che è tale finché non intervengono a guastarla la cattiveria delle persone e il dolore. L'ininterrotto fiume di frasi cucite insieme da un narratore onnisciente (reso al meglio dalla traduzione di Schenardi) è in realtà il canto libero che l'amico Levya innalza dal carcere in cui gli è negata ogni bellezza. Costretto a ritmi di lavoro paurosi in una piantagione di canna da zucchero, mortificato ogni giorno nella carne e nell'anima ("Qui non alziamo la bandiera perché voi, froci, non ne siete degni"), Arturo inizia a scrivere su tutti i pezzi di carta che trova, dando forma a un mondo diverso e migliore, fragrante e pieno di colori, fatto di architetture sontuose, limpidi corsi d'acqua, musiche celesti, finché questi voli della mente non diventano follia e culminano in un tentativo di fuga che è una volontaria corsa verso la morte. Questo libro è stato scritto nel 1971. Possiamo quindi affermare che ci turba e ci commuove doppiamente, perché Arenas non poteva sapere che stava mettendo per iscritto il suo destino.
  Stefano Manferlotti

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Conosci l'autore

Reinaldo Arenas

1943, Holguín

Reinaldo Arenas è stato uno scrittore e poeta cubano. Nasce in un villaggio in campagna e fin da giovane si arruola nelle truppe che appoggiano la rivoluzione comunista di Castro. Negli anni Sessanta inizia a prendere distanza dal regime comunista, maturando sempre più una repulsione verso i soprusi della polizia e le ondate repressive nei confronti di dissidenti e antisociali. Questa opposizione gli costa una feroce censura delle sue opere, molestie fisiche e morali da parte del regime, e periodi di internamento nelle UMAP (campi di lavoro per antisociali, omosessuali ecc.).Nel 1973 viene incarcerato a causa della sua omosessualità apertamente dichiarata e, dopo numerose torture, tenta il suicidio senza riuscirci. Le sue opere riescono a uscire solo grazie all’aiuto...

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