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Di Vilém Flusser (1920-1991), ebreo praghese emigrato in Brasile, poliglotta e poligrafo, teorico della cultura e filosofo della comunicazione, sono noti in Italia tre lavori: Per una filosofia della fotografia (1987 e 2006), Filosofia del design (2003) e La cultura dei media (2004). Questa della germanista Paola Bozzi è la prima monografia italiana a lui dedicata e si inserisce in un dibattito internazionale di cui si può aver conto sulla rivista "www.flusserstudies.net". Non si tratta dunque di un'introduzione a Flusser. Bozzi intende da una parte correggere la percezione diffusa, ma riduttiva, di Flusser come "filosofo e 'profeta' dei nuovi media", dall'altra legittimare presso il pubblico italiano un autore relativamente sconosciuto. Per questo sceglie il tema della libertà e delle sue "figurazioni" e propone cinque percorsi di lettura, nei quali le riflessioni flusseriane vengono messe a confronto con quelle di altrettanti scrittori e pensatori tedeschi ben noti nel nostro paese: Kracauer per il nomadismo, Adorno per la scrittura saggistica, Kafka per la favola filosofica, Benjamin per la fotografia e Günter Anders per la profezia apocalittica. Non necessariamente, tuttavia, l'accostamento a questi grandi esegeti della modernità giova al pensatore ceco-brasiliano, le cui speculazioni risultano spesso, al paragone, deludenti, "minori". Il risultato è paradossale: di fronte all'inquietante attualità di un Anders, il ritratto che emerge di Flusser ha qualcosa di passé, come se il grande anticipatore della rivoluzione antropologica dei media fosse rimasto ancorato a una temperie, quella postmoderna, i cui entusiasmi, esplosi negli anni ottanta, vengono oggi smentiti dalla storia. Probabilmente, viene da pensare chiudendo il libro, Cesare Cases, uno dei maggiori interpreti italiani di Adorno, Benjamin e Anders, nel suo luciferino sarcasmo avrebbe relegato Vilém Flusser nella bolgia dei neopositivisti, tra coloro i quali predicano che la "liberazione" degli individui verrà dalla scienza e dalla tecnica, e tuttavia restano intimamente convinti che da una scienza "lasciata libera" non possa che venire la fine: l'apocalisse. Michele Sisto
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