Sì, è davvero stata "la magia intellettuale che si respira nell'Università di Cambridge a rendere possibile questa storia": la grandezza di un ambiente intellettuale e dei suoi circoli, ma anche di un'irripetibile finestra storica. La storia è quella di un saggio, un piccolo riassunto del 1740 delle tesi principali del Treatise on Human Nature di David Hume (1738); saggio del quale John Maynard Keynes e Piero Sraffa riuscirono a stabilire nel 1938 la reale paternità, contro una tradizione che, per colpa di un riferimento a un tale Smith in una lettera di Hume proprio del 1740, assegnava l'Abstract all'autore della Ricchezza delle nazioni, Adam Smith. Un vero e proprio enigma, come recita il titolo dell'utile scritto di Gianfranco Dioguardi, poiché in realtà, nonostante le prove a sostegno della tesi di Keynes e Sraffa, non pochi storici del pensiero continuano a ritenere Smith l'autore dell'Abstract. Ciò che permise di stabilire quella magia intellettuale di Cambridge sulla quale Dioguardi insiste con vera passione è che a scrivere l'Abstract, in terza persona, fu lo stesso Hume, nel tentativo di rimediare, con un più rapido e accattivante estratto, all'insuccesso del Treatise. Potrà stupire la sincerità di Dioguardi, che ammette di essere venuto a conoscenza dell'enigma leggendo le memorie di Luigi Pasinetti (Keynes e i keynesiani di Cambridge, Laterza, 2010). E tuttavia, magari inconsapevolmente, l'autore dimostra di partecipare a un ben più ampio desiderio di comprendere l'ambiguo rapporto tra il filosofo degli animal spirits e l'economista (Keynes) che proprio da Hume partì per rivoluzionare la teoria economica; l'economista al quale si guarda ancora, con rinnovato interesse, ai tempi della crisi globale. Mario Cedrini
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