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La storia dei miei fumetti. L'immaginario visivo italiano fra Tarzan, Pecos Bill e Valentina - Antonio Faeti - copertina
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La storia dei miei fumetti. L'immaginario visivo italiano fra Tarzan, Pecos Bill e Valentina - Antonio Faeti - copertina
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Descrizione


Antonio Faeti, che quarant'anni fa regalò al lettore, con il suo "Guardare le figure", una ricostruzione a tutto tondo dell'immaginario visivo italiano attraverso le illustrazioni dei libri per l'infanzia, duplica oggi il suo dono con questa esplorazione dell'altra faccia di quello stesso immaginario. La storia dei suoi fumetti (vale a dire di tutti i fumetti da lui divorati, collezionati, posseduti, catalogati, coltivati con la passione maniacale che ben conoscono i cultori del genere) diventa qui la storia di ciascuno di noi. Proprio come accade al protagonista dell'"Educazione sentimentale" di Flaubert, anche l'autore di questo libro ripensa alle sue prime fantasie e ritrova le piccole tracce, i brandelli della sua educazione sentimentale. E visto che, come scrive Faeti, "in una educazione sentimentale si è scelti, non si sceglie", in questo percorso della memoria ci sono presenze sorprendenti e assenze illustri. La Vipera Bionda, il Brontolosauro, Manuela la matadora accompagnano la crescita di questo immaginario tra gli anni quaranta e cinquanta. Da Nadir Quinto a Raffaele Paparella, da Jacovitti a Guido Crepax, dal "Corriere dei Piccoli" a "Lanciostory", è la memoria del sogno - dei nostri sogni - che rivive in queste pagine.
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Dettagli

2013
20 marzo 2013
425 p., ill. , Brossura
9788860368362

Voce della critica

  Antonio Faeti, autore dello storico saggio da lui stesso definito "un trattato di sociologia dell'immaginario che prende a prestito i libri per bambini, ma guarda ai sogni collettivi, indaga sulle mentalità", nella nuova introduzione a Guardare le figure (Donzelli, 2011, inizialmente edito da Einaudi nel 1972), prosegue ora nell'opera di ricostruzione dell'immaginario visivo italiano con un nuovo libro che vuole essere una storia dei "suoi" fumetti e anche una flaubertiana educazione sentimentale, individuale (dell'autore) e generazionale (dei lettori coetanei che cominciavano ad affacciarsi sul ciglio delle domande più importanti nella vita). Se si volesse cercare un antefatto, in tal senso, si dovrebbe riandare, più che alla Misteriosa fiamma della regina Loana di Umberto Eco (Bompiani, 2004), a Tu, sanguinosa infanzia di Michele Mari (Mondadori, 1997; cfr. "L'Indice", 1997, n. 4), e precisamente al primo capitolo, intitolato I giornalini: "I cari giornalini della sua infanzia [che] dovevano essere messi in salvo", pensò immediatamente l'autore "quando seppe che sarebbe diventato padre". Percorrendo le pagine balzano in evidenza eroi, personaggi, storie, autori, giornaletti: Gordon Flash, "Gli albi d'oro", Pecos Bill, L'Uomo Mascherato e Mandrake, Gim Toro e la Vipera Bionda, Jacovitti e "Il Vittorioso", Tarzan, Steve Canyon (sul quale Faeti ha ancora qualcosa da aggiungere dopo la fondamentale Letturadi Eco nel 1964) e Terry dei Pirati, Valentina, Tex Willer e Ken Parker, Dylan Dog e Mister No (e altri eroi raggruppati nella categoria della "poetica della bonellità"), Gli scorpioni del deserto di Hugo Pratt, Albertarelli e Alex Raymond, e tanti altri. Mi accorgo di aver citato quelli da me più amati e, quindi, non posso non dispiacermi per l'assenza del Piccolo Sceriffo e dell'amatissima Pantera Bionda, formosa Tarzan in bikini che ai ragazzi appena usciti dalla latenza fece avvertire i primi pruriti ormonali e li avviò verso inesperte esplorazioni autoerotiche, poi sostituita dalle discinte donnine dei calendarietti dei barbieri, quando bravi genitori ed educatori timorati costrinsero l'editore a rivestire la seducente eroina con un abbigliamento più castigato ma meno allettante per vendite e derivati. Anche un albo brutto come quello fa parte della storia italiana: del piacere di leggere, della censura morbida e dell'educazione sessuale mancata. Faeti procede attraverso una triplice lettura dei fumetti comprati, posseduti, collezionati amorevolmente, studiati con un'ermeneutica raffinata che non esclude la passione: da ragazzo (per il puro piacere, ma già con la tentazione di andare dietro lo specchio a inseguire tracce intraviste e intuite nella loro allusività), poi da maestro (per i più svariati stimoli e suggestioni didattiche), infine adesso da professore universitario emerito (per studiare ancora, approfondire, stabilire connessioni e collegamenti impensati, capire meglio e far capire). Il risultato è un'ulteriore e forse definitivo timbro di autenticità artistica apposto sulla letteratura disegnata, l'apertura di una larga finestra sul sogno e sui sogni dell'infanzia, adolescenza e maturità, lo squadernamento di storie in cui si ripensa il passato mentre si contestualizza il presente e si antivedono tracce profetiche della Storia a venire, la ricerca e scoperta delle ascendenze pittoriche spesso sorprendenti ma sempre giustificate dei disegnatori maggiori e talvolta anche minori o minimi (mirabili in proposito appaiono le analisi tecniche e interpretative che portano a collegare Franco Caprioli al pointillisme, il "puntinismo", o ad accostare l'acquerellato Adah, episodio della serie "Ken Parker" di Ivo Milazzo, agli impressionisti e per passaggi successivi e suggestivi all'espressionismo e al "realismo magico"), la decifrazione di un personaggio, di un'icona, di un'avventura, di un'epoca e anche, implicitamente, dei loro lettori con tutto il bagaglio di desideri e sogni appresso. Così i fumetti di Faeti cuciono insieme finzioni e Storia con il filo dell'arte e sollecitano l'introduzione di un'educazione dello sguardo che sia in grado di far evadere tolkenianamente con la fantasia per poi tornare alla realtà con l'immaginario più ricco e i sensi più acuti per l'esperienza compiuta. Un esempio? Gim Toro, cavaliere del dopoguerra senza macchia e senza paura con le fattezze di un attore di Hollywood, ha come fedele secondo un bruto che picchia durissimo, pelato, peloso, fisiognomicamente criminale, Bourianakis il greco, che nell'ermeneutica faetiana scaturisce dalla Storia, è l'"eroe operaio", il comunardo di Parigi, lo spartachista di Berlino, il miliziano spagnolo, perché in lui Faeti riconosce "uno dei tanti operai che all'alba si avviavano, a piedi o in bicicletta, verso la fabbrica d'armi non distante da casa. Bourianakis era davvero uno di loro perché, come loro, poteva dirsi nobilmente operaio". Nel brutto e forzuto greco anch'io ritrovo, ad esempio, i papà dei miei scolari di Sestri, quartiere popolare di Genova, lavoratori dei cantieri e dell'acciaieria, la rude razza pagana di cui si favoleggiava, eppure così "professionali", puntigliosi, orgogliosi del loro lavoro ben fatto, del pezzo al tornio dalla perfetta calibratura, dei figli per i quali scioperavano e sognavano in base a un principio di speranza. Uno di loro un sabato mi portò la collezione completa di Gordon Flash, che lui aveva conservato e che io non vedevo da quasi una decina d'anni, quando seppe che ne avevo parlato in classe, certamente con nostalgia, non ricordo per quale ragione, probabilmente perché mi piaceva raccontare le storie che mi piacevano e che ai miei ragazzi piaceva ascoltare. Circa metà delle pagine del volume è occupata dalla riproduzione dei fumetti di cui si parla nel testo, con un reciproco, puntuale e prezioso rimando. L'amore di Faeti per la Comic Art e la raffinatezza e profondità dell'analisi si rinnovano puntualmente a ogni incontro e conseguente corpo a corpo tra il saggista ermeneuta e l'autore (scrittore e/o illustratore) del testo finzionale. Così come gli elementi autobiografici infantili, familiari e professionali, continuamente ed esplicitamente introdotti, pur nel loro apparente minimalismo, nel momento in cui si confrontano con le storie lette e con le icone degli eroi che le sostanziano, rispecchiano o rievocano o alludono a grandi eventi, soprattutto alla più grande nostra tragedia del Novecento, il fascismo, i cui ambigui (talora persino dolci) veleni continuano a circolare nelle vene dell'Italia. Comic Art è vera arte nella quale siamo intimamente coinvolti, talora a nostra insaputa, ci racconta Faeti.   Fernando Rotondo    

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