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Mauro Minervino è un antropologo calabrese che vive a Paola e insegna a Catanzaro. In questo suo secondo lavoro narrativo parla della strada che percorre ogni giorno, la statale 18 che dà il titolo al libro. Sempre lo stesso percorso, sempre a guardare quello che c'è fuori, la meraviglia residua e l'orrore crescente del mondo esterno. Il libro è giocato su una sola nota: lo sgomento di fronte allo scempio del paesaggio che sta intorno a quella strada. Praticamente ogni frase torna sullo stesso punto, come per gettare acqua su un fuoco che non si spegne. Ho percorso quel tragitto alcune volte proprio insieme a Minervino. Mi sono fatto l'idea che ispezionando a caso un metro quadro di quel territorio c'è la quasi certezza di trovarsi di fronte a una miniatura del disordine, un disordine che non smette di approfondirsi. Oggi un antropologo non ha bisogno di andare lontano, basta girare nei dintorni della propria casa per trovarsi di fronte a un paesaggio anomalo. Il territorio come caso clinico, questo è il tema. Minervino con sdegno accorato ci dice che i calabresi stanno rovinando la Calabria e non è colpa solo dei mafiosi, ma di una mentalità diffusa nella stragrande maggioranza dei cittadini. Non ci sono storie in questo libro. Non ci sono personaggi che parlano, che esprimono pareri. L'autore ci riferisce le sue osservazioni fatte nel suo moto a luogo, da dietro il finestrino. È il libro di un voyeur del paesaggio. La Calabria che sfila sotto i suoi occhi è un corpo nudo e straziato, ingombro di case infilate in un rosario rotto. Non si dà la parola a nessuno. Non ci sono opinioni da raccogliere, non ci sono interviste che possano rivelare chissà cosa. Il referto è sotto gli occhi di tutti. Minervino ha scritto un libro che ci racconta un luogo tra i più devastati d'Italia. E lo fa non con lo spirito di chi viene da fuori, ma col coraggio di chi questo inferno lo attraversa ogni giorno, senza neppure la speranza calviniana di trovare nell'inferno ciò che inferno non è. So che avrebbe voluto intitolare il libro A sud di Gomorra. E sarebbe stato un titolo molto preciso. In effetti la statale 18 sembra la diretta prosecuzione di luoghi come Scampia o Ponticelli. In una nazione seria un lavoro del genere sarebbe molto discusso e sarebbe oggetto di riflessione anche per la politica. Questo è un alto esempio di letteratura civile, uno sguardo diretto e senza aloni, senza vaghezze, tutto proteso a far vedere un pezzo d'Italia che forse è la metafora dell'Italia intera. Dispiace che un libro coraggioso e percussivo, con uno stile atletico, poderoso, debba rimanere una questione per addetti ai lavori. Minervino non indugia sui dettagli, è sempre sbilanciato a illustrarci la bulimia cementizia che ha reso quella strada una sorta di città cantiere che occupa ogni spazio vuoto nel poco spazio che c'è tra il mare e la montagna. Il sud di cui si parla qui non è un sud povero. È però un sud che non legge, che non sa più stare insieme. Minervino viaggia da solo. Non ci concede divagazioni. Lo troviamo sempre alla guida e sempre pronto a farsi stupire dall'ubiquità del disastro, da questo perenne aerosol dello scempio. Questo è sicuramente il suo lavoro più compatto, quello che farebbe bene a leggere chi vuole capire il sud nei suoi punti più degradati. Un sud dove si importano mattoni e si esportano persone. Un sud che va sempre più ammucchiandosi ai bordi delle strade, incapace di restare fedele alle sue creste, ai suoi sentieri millenari. Franco Arminio
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