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Concordo con chi mi ha preceduto: Jakob Bronsky è un John Fante ebreo, con alle spalle la drammatica vicenda del secondo conflitto mondiale e dell'Olocausto. Oltre infatti al problema del rientrare nelle "quote" di stranieri accettati annualmente negli Stati Uniti (il padre fece domanda nel 1939, ma il visto fu accordato solo nel 1952, con preghiera di non insistere presso le autorità consolari per uno sconto sull'attesa), deve confrontarsi, da marginale, con la società rampante, opulenta e conformista dell'America degli anni Cinquanta. Ottima la traduzione di Roberta Gado Wiener.
Un libro diretto politicamente scorretto, con un registro narrativo particolare e con una capacità rara in alcuni passaggi di mettere evidenza i grandi paradossi degli stati uniti e del sogno americano. Hilsenrath in questo romanzo a metà tra autobiografia e critica della società che prima lo ha rifiutato e poi accolto a metà riesce a spiegare meglio di tanti scrittori americani i cortocircuiti del suo tempo. Consiglato
Che eccezionale (e tardiva) scoperta! Di un libro così faccio prima a dire che cosa NON mi sia piaciuto: non mi è piaciuto che dal titolo italiano insensatamente puritanello e scialbo ("Bronsky ricorda") sia sparita per magia la prima parte di quello originale: "Fuck America". Tutto il resto è musica, intelligenza, coraggio, energia, indignazione. Hilsenrath è divertente, spudorato, mai noioso, disperato, non ha peli sulla lingua, ed è politicamente scorrettissimo. (Ma quest'ultima affermazione è superflua: gli scrittori intelligenti sono SEMPRE politicamente scorrettissimi!) Per dare una vaga idea, è un misto di Donleavy, Hemon, Bukowski e John Fante, ma leggermente più incazzato. I suoi dialoghi sono essenziali e secchi, ridotti all'osso, ma alcuni sono fra i più esilaranti che abbia mai letto. Uno dei libri più graffianti di sempre. Non fatevelo mancare!
Recensioni
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