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Il mio infinito. Dio, la vita e l'universo nelle riflessioni di una scienziata atea - Margherita Hack - copertina
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Descrizione


Fin dagli esordi dell'umanità la volta stellata è sempre stata la culla di dèi e cosmogonie, racconti per esorcizzare il mistero della vita e della morte. Nel contempo, in ogni civiltà, alla visione religiosa del mondo si sono contrapposte menti curiose che hanno cercato spiegazioni razionali dei fenomeni naturali e celesti. Questo libro racconta come si è evoluta la nostra capacità di leggere il cielo e con essa la visione scientifica del mondo, dagli astronomi della Grecia classica alla nascita della scienza moderna con Galileo e Keplero alle scoperte di Newton,- per arrivare all'astronomia e alla fisica quantistica dopo le rivoluzioni del Novecento. Ci pone di fronte ai problemi cui ancora la scienza non sa rispondere: l'origine dell'universo e della vita. Ci interroga sulla natura del nostro universo: è tutto ciò che esiste? E finito o infinito nel tempo e nello spazio? E uno fra tanti? Com'è possibile che da una caotica zuppa di particelle elementari si sia originato il Cosmo gerarchicamente ordinato, le stelle e galassie, dai cui elementi è nata la vita biologica evolutasi fino ad arrivare a quello straordinario strumento di conoscenza che è il cervello umano? A tanta meraviglia si può rispondere invocando un Creatore, oppure accettando la bellezza di un mondo governato dalle leggi della materia senza altri fini.
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Dettagli

2011
26 aprile 2011
207 p., Brossura
9788860736789

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Federico
Recensioni: 3/5

Ho trovato la lettura un po' complessa, non essendo esperto in materia. Margherita Hack è un personaggio incredibile, tuttavia personalmente preferisco ascoltare i suoi interventi.

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Marco
Recensioni: 2/5

Una persona come la Hack non si può dire niente. Probabilmente devo fare i conti con i miei limiti, ma di fondo preferivo ascoltarla. A mio avviso non scrive per persone come me che sanno poco e male di astrofisica e astronomia. Personalmente preferisco gli scienziati che scrivono sapendo di rivolgersi ai non addetti ai lavori!

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andrea selene
Recensioni: 2/5

Sinceramente credo che il titolo sia un po' ingannevole. Le riflessioni sono state ben poche, mi è sembrato di essere catapultata in una lezione di astrofisica. Lo consiglierei più come testo didattico semplificato.

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La recensione di IBS

Riuscite a immaginare un ossimoro più stridente? “Il mio infinito”: com’è possibile accostare con disinvoltura un concetto ineffabile come quello di “infinito” ad un semplice, inadeguato aggettivo possessivo come “mio”?
L’accostamento è impervio, è vero, e non riusciamo a immaginare un compito più ingrato che cercare di dire qualcosa di definitivo – pur forniti di tutti i titoli e le credenziali, com’è il caso della scienziata fiorentina – su di un tema che, proprio come l’oggetto della sua trattazione, non può essere esaurito.
Eppure Margherita Hack riesce a condurre la sua passeggiata fra ambiti apparentemente inconciliabili con la sicurezza che le è propria, e ci guida attraverso millenni di stupore, quel sentimento inesprimibile che coglie l’uomo di fronte alla volta stellata.
Inesprimibile? A dire il vero, la poesia è la lingua che forse meglio di tutte si presta a far da raccordo fra l’esperienza umana e tutto ciò che la trascende (pensiamo al “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” di Leopardi), ma Hack naturalmente è una scienziata, e il suo compito è quello di dare il maggior numero possibile di informazioni attingendo al suo repertorio, e a quello dell’ambito cui appartiene - la comunità scientifica - cercando una quadratura del cerchio fra ciò che gli strumenti della scienza sono in grado di descrivere per noi e tutto ciò che invece la scienza non può spiegare.
Quando, ad esempio, Hack spiega come Talete di Mileto “pensava che le stelle fossero fatte della stessa materia di cui è fatta la terra”, oppure che Anassagora credeva che “anche la luna fosse abitata e che i semi della vita fossero sparsi ovunque nell’universo”, si compie un cortocircuito di sapore scespiriano, e nulla meglio di queste zone opache, rese poetiche da una lingua che non sa ricorrere che ad immagini evocative e dense di suggestione, può spiegarci come la divisione fra la filosofia e la scienza sia un retaggio dell’età moderna.
Hack racconta, e l’esposizione fila come un treno ben oliato attraverso millenni di storia della scienza. Le antiche civiltà e il loro miti, l’universo e la sua interpretazione nel mondo degli antichi, e poi il Settecento e l’età dei lumi, la nascita dell’astrofisica come scienza dotata di dignità autonoma, e il Novecento, con la formulazione dell’ipotesi del big bang e la teoria dei quanti, che rimette tutto in discussione spalancando le finestre della scienza su paesaggi e possibilità completamente nuovi ed imprevisti.
Leggendo, capitolo dopo capitolo, si arriva all’oggi, alla descrizione di un momento storico nel quale l’affermazione del pensiero scientifico come sistema di riferimento culturale ha assunto un’estensione e un’importanza senza precedenti.
Ma anche (e soprattutto) una scienziata vera com’è Hack non pretende di essere depositaria di una verità incontrovertibile: si limita a mettere l’accento sul fatto che la scienza e la religione rispondono entrambe a un’esigenza insopprimibile della mente umana, che è curiosa e vuole sapere perché.
Certo: le conclusioni cui perviene l’ateo razionalista sono ben diverse da quelle cui può approdare il credente. Mentre la mente religiosa si affida all’idea di una volontà ordinatrice e superiore, dalla quale scaturisce la scintilla che fa nascere la vita e ne regola le forme, la scienza si concentra sul come: ovvero cerca di interpretare e rendere note le dinamiche che regolano le forme assunte dalla materia e le forze cui la materia stessa va soggetta, accettando l’ipotesi che dietro a queste forze non esista alcun disegno.
L’ultimo capitolo del libro si concentra proprio su questo tema, chiarendo come una composizione pacifica fra le due visioni del mondo sia possibile solo in seno ad una società sanamente e completamente laica (cioè alle calende greche). Ma lascia anche una porta aperta sul fatto che non potrà mai esser data una risposta definitiva alla domanda “perché l’universo e non il vuoto?”
Il libro, divulgativo ma anche molto denso di excursus storico-scientifici, sembra infine metterci di fronte al fatto che i grandi sistemi di pensiero sono scaturiti sempre dalle domande che la mente umana – complessa e affascinante almeno quanto l’universo stesso, nelle parole di Hack – si è posta di fronte a ciò che non riesce a comprendere, davanti a tutto ciò la cui intima natura non riesce ad afferrare e fare propria.
Quella domanda, che ha il carattere dello stupore di un bimbo alla scoperta del mondo, tutti abbiamo il diritto di rivendicarla, cercando di serbarne la meraviglia – unico comune denominatore fra scienziati e uomini di fede – e di risponderle come possiamo. Ecco l'infinito di Margherita Hack. Ecco il “nostro” infinito.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Margherita Hack

1922, Firenze

Margherita Hack è stata una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana. Il suo nome è legato a doppio filo alla scienza astrofisica mondiale. Si è laureata in fisica con una tesi sull'astrofisica stellare nel 1945. È stata ordinario di Astronomia all'Università di Trieste dal 1964 e ha diretto l'Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987, portandolo a rinomanza internazionale. Membro delle più prestigiose Società fisiche e astronomiche ha lavorato presso numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro dell'ESA e della NASA. In Italia, con un'intensa opera di promozione, ha ottenuto che la nostra comunità astronomica si distinguesse nell'utilizzo...

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