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Bedeschi offre una lettura lineare dell'opera rousseauiana, privilegiando gli scritti filosofico-politici, dai due Discorsi al Contratto sociale, non trascurando il Progetto di costituzione per la Corsica e le Considerazioni sul governo di Polonia. Il Leitmotiv è rinvenuto nel rifiuto della modernità, o meglio ancora: nel disprezzo per la civiltà europea. Per Rousseau essa si è costruita sulla proprietà privata, dunque sull'interesse egoistico. La società che ne è conseguita ha fatto leva sull'ambizione e il benessere individuale. L'impresa, il commercio e la ricerca del lusso hanno corrotto società primitive che non hanno avuto il tempo di consolidarsi. Loro virtù era riconoscere come solo bene la stima pubblica, scaturente da quanto fatto a vantaggio della causa comune. Nel primo Rousseau serpeggia un'idea di città che anticipa le feroci invettive di Spengler. Il ginevrino non dispera però del tutto e sogna novelle Sparta per il vecchio e corrotto continente europeo. Non solo il Contratto sociale, ma anche gli scritti per la Corsica e la Polonia sono programmi per la costruzione dello stato nuovo, che richiede frugalità e soprattutto amor di patria. Rousseau è il fondatore dell'idea di patria-nazione e anche in questo si mostra radicalmente differente dagli illuministi suoi contemporanei. Si pensi a un Voltaire, cosmopolita europeo. I modelli di riferimento di Rousseau attingono a figure ora storiche ora mitiche, che rivelano la natura intimamente reazionaria dell'autore più influente tra i fautori della rivoluzione in Europa fra Otto e Novecento. Una democrazia presa alla lettera ha bisogno di nazionalismo e di manipolazione delle singole volontà. La sola possibile incarnazione politica della mistica "volontà generale" fu la nazione quale comunità chiusa e ostile. E l'eredità di Rousseau navigò tra sinistra e destra.
Danilo Breschi
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