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La moglie - Jhumpa Lahiri - copertina
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Descrizione


Nati a quindici mesi di distanza in un sobborgo di Calcutta negli anni tormentati dell'indipendenza indiana, i fratelli Subhash e Udayan si somigliano al punto che perfino i parenti li confondono tra loro, ma sono anche l'uno l'opposto dell'altro. Subhash, silenzioso e riflessivo, cerca di compiacere i genitori esaudendo ogni loro richiesta; Udayan, ribelle ed esuberante, non fa che mettere alla prova il loro affetto. Così, quando sul finire degli anni Sessanta nelle università bengalesi si diffonde la rivolta di un gruppo maoista contro le millenarie ingiustizie subite dai contadini, Udayan vi si getta anima e corpo, pur consapevole dei rischi; Subhash invece se ne tiene alla larga e preferisce partire per gli Stati Uniti. I loro percorsi sembrano divergere inesorabilmente: Subhash intraprende una tranquilla carriera di studioso in una cittadina sulle coste del Rhode Island, mentre Udayan, contravvenendo alle tradizioni, sceglie di sposarsi per amore con Gauri, una giovane studentessa di filosofia, affascinata dal suo carisma e dalla sua passione. Poi la tragedia irrompe, improvvisa e distruttiva. Quando Subhash scopre cosa è accaduto a Udayan nella spianata dove da bambini trascorrevano intere giornate a giocare, si sente in dovere di tornare a Calcutta per farsi carico della sua famiglia e curare le ferite causate dal fratello, a partire da quelle che segnano il cuore di Gauri. Questa donna indipendente e forte, insieme alla bambina che porta in grembo, diventa il simbolo del legame indissolubile tra i due fratelli e assume un ruolo centrale in una storia travolgente di sentimenti e di abbandoni, di fughe e ritorni. Perché questo è un romanzo che definisce con straordinaria limpidezza i sentimenti nella loro complessità, nella loro capacità di lacerare, di provocare conflitti ma anche di comporli. E «la moglie» è, in questo, la figura più rappresentativa, quella che assume un valore fortemente emblematico.
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Dettagli

5
2013
12 settembre 2013
432 p., Brossura
9788860880413

Valutazioni e recensioni

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Benny B
Recensioni: 3/5

Ho ritrovato la voce originale e avvolgente e lo stile pulito e lineare così tipici dell'autrice. Ma non immaginavo di rimanere in parte delusa proprio da quello stile: fastidiosamente descrittivo, dal ritmo spesso lento e noioso, ho faticato a superare le prime 100 pagine. La capacità della Lahiri di dare forma all'immensa solitudine interiore dei suoi personaggi è impressionante però e qui si affoga in un oceano di mestizia. Infine, perchè quel titolo per l'edizione italiana? È Udayan, il fratello, la figura attorno a cui ruota la storia e che stravolge le vite di tutti gli altri.

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Laura
Recensioni: 3/5

Nella caotica Calcutta degli anni ‘50, crescono Subhash e Udayan, il primo silenzioso e riflessivo, il secondo ribelle ed esuberante. I due fratelli sono l’uno l’opposto dell’altro, eppure nella loro diversità si completano. Quando il vento del ’68 prende a soffiare, inneggiando a ideali egualitari e anti borghesi, Udayan rimane affascinato dal movimento maoista. La sua scelta di seguirne i principi e la speranza di rivoluzionare la società indiana, lo porterà ad allontanarsi dal fratello, partito per studiare negli Stati Uniti e deciso ad affrancarsi dall’ombra di Udayan. Non dico di più, perché in questo libro denso in cui la narrazione, pur essendo tutta in terza persona, riporta mano a mano le vite e quindi i punti di vista di tutti i protagonisti, la trama e lo svolgimento sono essenziali. Ed è bello scoprirlo, pagina dopo pagina, leggendolo. Jhumpa Lahiri ha un’incredibile capacità di raccontare lo smarrimento, la voglia di riscatto, la paura, l'importanza dei legami familiari e allo stesso tempo il loro essere lacci difficili, se non impossibili da spezzare. Un romanzo triste, malinconico, che parla di solitudini, di incapacità di comunicare, di scelte che si riverberano sugli altri, come un sasso lanciato in uno stagno che allarga i suoi cerchi.

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annamaria fazio
Recensioni: 3/5

La vicenda del romanzo è avvincente. Ma l'autrice secondo me è più abile nel rendere l'atmosfera degli esterni, piuttosto che aprire lo sguardo sulla profondità degli "interni" dei suoi personaggi. Soprattutto per quanto riguarda la protagonista, la moglie, appunto. Purtroppo siamo lontani dalla maestria degli autori Americani, che riescono a scandagliare l'umanità, buona o cattiva, degli attori sulla scena, in cui ci rispecchiamo, nelle loro relazioni, conflitti, ambivalenze, contraddizioni. Paula Fox, per citarne una. In contrasto coi commenti che mi hanno preceduta, io ho sentito opacità e piattezza nel modo in cui è stata creata psicologicamente la protagonista. Come se non si riuscisse ad accedere ad una tridimensionalità. Nonostante questo, resta un libro che si lascia leggere fino alla fine con interesse.

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Recensioni

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Voce della critica

  "L'Indice" ha seguito passo passo l'affermarsi di Jhumpa Lahiri (cfr. 2000, n. 9 e 2008, n. 11) e ha segnalato questo suo ultimo romanzo (finalista al Booker Prize 2013) in occasione del lancio in India (2013, n. 10). L'edizione italiana suggerisce tuttavia qualche riflessione. La storia, in breve, è quella di due fratelli che sposano la stessa donna. La morte del primo induce il secondo a sottrarre Gauri, studentessa brillante e volitiva, al destino di reclusione tuttora riservato alle vedove in India. Sposandola e portandola con sé negli Stati Uniti, le offre una seconda possibilità di vita. Negli Stati Uniti la coppia avrà un'esistenza complessa, di successo nei rispettivi campi professionali, ma anche dolorosa per il perdurare di silenzi e sensi di colpa, e per la difficoltà di parlare di sé all'unica figlia. Lahiri racconta con precisione, con tenerezza, illuminandoci sul passato dei protagonisti con lunghi flashback. Tra l'università di Calcutta e i campus dell'East Coast nei primi anni settanta, tra fedeltà al passato e desiderio di un'esistenza nuova, tra consapevolezza e rimozione. Tutto inizia a Calcutta, dove Udayan muore in uno scontro a fuoco con la polizia, negli anni delle prime rivolte naxalite (sul movimento naxalita cfr. Prem Shankar Jha, "L'Indice", 2010, n. 5). Su quegli anni, su quei violentissimi encounters, Mahasweta Devi ha scritto pagine memorabili: del suo Mother of 1984 si sente intensamente l'eco nel romanzo di Lahiri, nato da uno scampolo di autobiografia familiare di cui l'autrice ha parlato in varie interviste. Quasi volesse aggiungere un tassello problematico all'immagine patinata di scrittrice globalizzata che le viene cucita addosso. Da qui la perplessità sul titolo scelto per l'edizione italiana: La moglie. Rispetto all'originale The Lowland, la spianata, concentra inopportunamente l'attenzione su Gauri e distoglie il lettore dal luogo, letterale e simbolico, dove ha inizio la storia. Il nucleo narrativo è lì, lì devono tornare tutti i personaggi, in cerca di una spiegazione, di una tardiva verità. La copertina – due vasi di fiori su fondo bianco e uno strillo banale, "Un romanzo bellissimo", e poco importa che lo firmi Khaled Hosseini – accentua l'impressione fastidiosa che si voglia strizzare l'occhio a un pubblico di lettrici (comunque benvenute, e spesso più attente di quanto pensino gli uffici marketing). Ma a un esame più ravvicinato la grafica di Guido Scarabattolo sembra scomporsi: due vasi di fiori, ciascuno con tre fiori, allusione forse a una storia a tre, in realtà a quattro, visto il ruolo cruciale della figlia. Un vaso, rosso con dentro tre tulipani rossi, poggia su un rettangolo – una spianata? – color sabbia, proiettandovi la propria ombra. L'altro vaso, marrone con tre fiori di vari colori e privo di ombra, spunta al di là del rettangolo: oltre la spianata? Un gioco di colori e geometrie che rimanda evocativamente alla difficoltà di fare i conti con un dramma avvenuto in un luogo lontano, e alla possibilità di ricominciare altrove la propria vita. Tema caro a Lahiri fin dai suoi primi splendidi racconti. Infine l'epigrafe, una citazione da Saluto a Roma di Giorgio Bassani, "Lascia ch'io torni al mio paese sepolto nell'erba come in un mare caldo e pesante", conferma la lettura in questa chiave del romanzo, sottolineandone la continuità con le opere precedenti, di cui tuttavia sembra aver perso la nitidezza di scrittura. Ma, in questa mia ricerca di indizi, vedo nello "sporcarsi" della scrittura – qui ancora mediato dalla traduzione – un motivo di interesse, perché Lahiri, da tempo residente in Italia, sembra intenzionata ad adottare la nostra lingua. Un travaglio linguistico che spiega l'appiattimento paratattico e l'insistenza descrittiva. Faticosi esercizi di transizione. L'approdo a un'altra lingua non è mai indolore.   Anna Nadotti    

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Conosci l'autore

Jhumpa Lahiri

1967, Londra

Jhumpa Lahiri è nata a LOndra da genitori bengalesi. Cresciuta negli Stati Uniti, ha vissuto a New York e attualmente si è trasferita a Roma.È membro del President's Committee on the Arts and Humanities, nominato dal Presidente Barack Obama.È autrice di: Interpreter of Maladies (1999) tradotto e pubblicato in Italia da Marcos Y Marcos con il titolo L'interprete dei malanni (2000), con il quale ha vinto nel 2000 il Pulitzer Prize for Fiction; The Namesake (L'omonimo Marcos y Marcos, 2003), da cui il film; Unaccustomed Earth (Una nuova terra, Guanda, 2008); The Lowland (2013, La moglie, Guanda), finalista al Man Booker Prize 2013 e In altre parole (Guanda, 2015). Nel 2018 Guanda ha pubblicato il suo primo romanzo scritto direttamente in italiano, Dove...

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