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Anno edizione: 2010
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Un libro denuncia e allo stesso tempo un libro reportage Antonella Cilento Asino chi legge La struttura del testo è caratterizzata dalla figura di un'insegnante di scrittura creativa che racconta delle sue esperienze in varie scuole italiane, soprattutto della Campania. Attraverso le vicende scolastiche della protagonista del racconto, la scrittrice mette in chiaro quelli che sono i limiti e le chiusure di tanta gioventù nostrana, innanzitutto la scarsissima voglia di concedersi un sano e rilassante momento di lettura. Poi è molto brava la Cilento anche a sviscerare i comportamenti stereotipati sia degli studenti che dei prof a seconda della scuola e soprattutto del quartiere di dov'è ubicato l'istituto. I vari quartieri di Napoli vengono ben analizzati attraverso la lente d'ingrandimento della gioventù che va a scuola, si parla anche di Bolzano e di Avellino, Nocera etc. Libro per riflettere e per pensare alle tante magagne che affliggono il mondo della scuola italiano. Saluti
Recensioni
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Il libro di Antonella Cilento, appena uscito, ha un titolo scherzoso: ma la vecchia dispettosa scritta sui muri o sulle lavagne questa volta è diretta ironicamente a quelli, pochissimi, che da noi si prendono ancora la briga di leggere, quel leggere che ci serve a trovare "riconoscimento, identificazione". Il libro non è però un lamento: anzi, è un documentario di vita, che pullula di gustosi minuscoli personaggi dal vero, da Bolzano alla Valle di Noto, e di situazioni ambientali rese dalla scrittrice con una fortissima partecipazione, tale che il libro si legge tutto d'un fiato. È certo diretto anche a chi sta sopra e formula gli astratti e pomposi progetti scolastici, ma soprattutto a chi oggi scrive o ha in mente di mettersi a scrivere. La domanda che lo attraversa è: ne vale ancora la pena? E chi ti legge? Guarda i giovani, i piccoli, il paese di domani! Eppure la conclusione, mista di amarezza e di speranza, è affermativa.
Da diciassette anni Cilento viaggia per tutta Italia in qualità di "esperto esterno" per i laboratori di "scrittura creativa" nelle scuole, dalle primarie ai licei, dopo "gli orrori iniziati con la riforma Berlinguer", quella che ha cancellato dai programmi le letture obbligatorie: non più Pavese, non più Levi, né altri nostri ottimi autori più recenti. Questi laboratori aggiuntivi fanno da "ammortizzatori sociali endogeni", perché perlopiù impiegano, a bassissima retribuzione, i giovani precari. Ma già siamo dentro la "concorsopoli" nazionale: dai prodotti di quasi ogni laboratorio c'è un insegnante stanziale o un preside che vuole fare una pubblicazione e concorrere a qualche premio di ultimissima fila, pur di apparire di aver "prodotto" qualcosa. Mentalità aziendale che ha dilagato anche nella scuola.
Si sa che in questi laboratori di creativo in senso proprio, ossia di bello, non salterà fuori granché, salvo qualche gemma insperata: ma "noi viviamo ciò che riusciamo a dire di essere", e "il demone senza voce che è nei ragazzi cerca le parole per dirlo", dice Cilento. È lo scrivere in sé che serve loro per confrontarsi con se stessi e con il mondo circostante e per capire il valore dello sforzo in questa nostra non-cultura che propaga il successo senza sforzo, la vacua immediatezza della comunicazione tv o lo squallido isolamento sulla play station, cui non rimediano né Twitter né Facebook né l'andirivieni degli sms o i clic clic delle foto dai cellulari. Né rimedia, per quelli che hanno qualche soldo, quell'errare che ben conosciamo fra Parigi e Londra con enormi zaini sulle spalle. Poi ciò che hanno visto saranno incapaci di descriverlo.
Ciò che Cilento rappresenta, pur concentrandosi su Napoli, quartieri benestanti e sciagurati entroterra da lei descritti con pochi tratti pregnanti cemento, erbacce, ruderi del passato, spazi senza uso e traffico convulso , è una mappa dell'Italia: che vengano da Scampia, da Bolzano o Castellammare, depressi o ipercinetici, "camorristi o fighetti, le ragazze e i ragazzi della scuola italiana si somigliano". Modelli? Nelle periferie del Sud sono i padri, mafiosi compresi; in genere sono invece dei genitori che si comportano come "fratelli deficienti" non insegnando nemmeno un minimo di educazione, in certi casi nemmeno ad allacciarsi le scarpe: non ci sono forse le più comode scarpe a strappo? E le madri? Dove sono andate le lotte del femminismo? "Nelle ultime tre generazioni la comunicazione si è interrotta". Cosa vuoi fare da grande, chiedono a una piccina, e quella: fare la mamma.
Da puttanelle che si truccano in classe e fanno sesso nei bagni della scuola a spasimanti di trovare uno che le sposi. Perdura la sottomissione al maschio. Così vengono su degli inetti senza possibile progresso, senza attenzione a nulla, tutti a cercare di farsi catturare da qualche stimolo. Si appura che non sanno chi è Cenerentola né Pinocchio: mai viste, nemmeno al cinema, quelle favole che erano "strumenti d'avviso" per recepire poi qualche lettura un po' più complessa. Il cinema? Questo sconosciuto.
Ma qui Cilento viene agli insegnanti di base: in maggioranza donne, madri di famiglia affannate, ma le donne sono per fortuna meno degli uomini soggette agli infarti. Persone tagliate fuori da loro stesse, adulti che da decenni non "si raccontano a se stessi", ossia non vogliono vedersi. Leggono? Sì, forse tre libri all'anno, e tutta letteratura americana.
L'"emozione a scuola si chiede Cilento, dov'è finita?". Sepolta nella burocrazia, con l'indifferenza, l'altro grande mostro divoratore della vita d'oggi. Ma nella bancarotta della parola, a Frattamaggiore, in un corso a rischio di cancellazione, Cilento raccoglie le reazioni vitali di un'Irene e di una Mimma a un racconto di Malamud, e ne vale la pena.
Anna Maria Carpi
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