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Contro la meritocrazia
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Contro la meritocrazia - Nicola Da Neckir - copertina
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Contro la meritocrazia

Descrizione


"Questo nostro mestiere, che i grandi professori (non a caso chiamati maestri) hanno fatto con passione e rigore, è un compito sociale. Non siamo venditori della merce 'sapere' e neppure i fornitori di un servizio. Siamo, o dovremmo essere, parte di una comunità di liberi e uguali, che ha lo scopo, uno scopo che più degno e importante non si può: accompagnare giovani donne e giovani uomini a diventare cittadini colti e competenti, persone 'verticali', con la schiena dritta, capaci di pensare e di ribellarsi alle ingiustizie, e capaci di farlo perché competenti e istruiti, capaci di sviluppare le loro capacità, i loro talenti, di proteggere le differenze, le relazioni, la cura, e i cui risultati devono dipendere, in ultima istanza, dai loro meriti."
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Dettagli

2011
1 agosto 2011
9788861532083

Voce della critica

  "A sentirsi chiamare Eccellenza il burattinaio fece subito il bocchino tondo" (Carlo Collodi, Pinocchio). È poi così diversa l'università dell'"eccellenza" dall'università di "sua Eccellenza"? A leggere il pamphlet di Nicola da Neckir, alter ego di Arnaldo Cecchini, sorge più di un dubbio. Questo libro provocatorio (perciò saggio) si apre con un excursus etimologico che, a partire dalla parola "meritocrazia", passa in rassegna le varie forme di governo o di potere possibili (non per ultimo la prossenetocrazia, resa celebre da un recente libro di Paolo Guzzanti, oltre che da non remote vicende politiche). Strano destino di una parola, "meritocrazia", inventata come bersaglio polemico da Sir Michael Young nel 1954, diventata oggi luogo comune e toccasana dei mali di cui soffrono l'università e le altre amministrazioni pubbliche, tanto da costituire anche principio ispiratore del legislatore oltre che titolo di uno dei più acclamati libretti degli ultimi anni, Meritocrazia appunto, di Roger Abravanel, secondo cui il merito è stabilito dal mercato. Da Neckir sfata questo luogo comune e rimette sui suoi piedi il dibattito sull'università, sostenendo con convinzione alcune elementari verità, così elementari da sembrare rivoluzionarie. E cioè che i dati statistici, sui quali si basa la deriva meritocratica, sono diversamente utilizzabili, a seconda dello scopo che si vuole raggiungere; che il concetto di valutazione, oltre che essere soggettivo, è anche fuorviante in quanto crea il suo stesso oggetto: nel nostro caso prima si stabilisce che l'università deve sottomettersi al mercato, poi si valuta come inessenziale tutto ciò che non si adegua all'ideologia dell'azienda. Eppure la ricerca e l'insegnamento non possono essere legati a sbocchi immediati di mercato: resterebbero secchi e sterili, checché ne pensi l'ex ministro Tremonti. Per l'autore, semplicemente, l'università non vende la merce "sapere" né ha il compito di fornire un servizio, ma "ha tra i suoi scopi la promozione dell'equità sociale", oltre che "accompagnare giovani donne e giovani uomini a diventare cittadini colti e competenti". Proposito più nobile e degno non si dà. La stessa questione del "nepotismo" è ridimensionata nei suoi giusti termini, non perché da Neckir non ne avverta la pericolosità, ma per la sua funzione di comodo bersaglio. Del resto gli stessi, fuori o dentro l'università, che parlano di meritocrazia non raramente hanno costruito le loro fortune su pratiche clientelari o corruttive. In realtà, fin quando non si hanno meccanismi pubblici e trasparenti di valutazione e non si costruisce un'etica pubblica connessa allo sviluppo dell'autonomia dell'istituzione universitaria, sarà difficile, se non impossibile, spuntare le unghie alle baronie. Si tratta in definitiva di un libricino colto ed essenziale, cosa rara per chi è abituato alla pletorica retorica della mistificazione e dell'ignoranza, alla quale spesso ci siamo rassegnati leggendo di scuola. Il volume è completato dall'agile Piccolo dizionario disperato e demagogico dell'università, a cura di Giovanni Azzena e Marco Rendeli, da leggere e, possibilmente, studiare. Sia sufficiente un assaggio delle definizioni: "Straniero: 1. sinonimo di qualità scientifica, specchiata onestà, chiara fama; 2. sinonimo di clandestino, ladro, nera fame. La scelta tra 1 e 2 dipende da quale ministero se ne occupa". Gino Candreva

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