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Ho sempre pensato che la censura di un testo narrativo, di un' idea ardita di un nuovo lavoro, di un segno inedito e riveltore, sia solo, un stupida azione che richiede solo del tempo per essere,il piu' delle volte con non poco imbarazzo, promossa a cultura.Nuova e viva. Ed ho un vero orrore verso chi detiene il potere dello strano monopolio di cio' che e' lecito e di cio' che non lo e', parametro tra i piu' effimeri e violenti.Quindi, il fatto che da alcuni giorni la pagina su Facebok di Ando Giraldi sia stata oscurata e' una ulteriore prova a carico della mia, piu' volte verificata, convinzione.Mi consola che il maestro sia in buona compagnia, dei Pasolini di "Ragazzi di vita", dei Bertolucci di "Ultimo tango a Parigi", dei Fellini de "La dolce vita" e di tanti, tanti altri.E non certo qualsiasi. Anzi.E che bella compagnia.Ma la storia si veste di verita' e per uno strano suo meccanismo di vendetta culturale svela cio' che, alcuni uomini, non tutti, hanno occultato sotto il tappeto dell' oblio.Anche le foto di questo teribile inferno furono nascoste, ma non per censurarle, anzi, per salvarle.E farle rivivere nel loro grido di verita'.Ma non la verita' banale e convenzionale che si vende in un ambito di banalita' ed evidenza ,intendo, invece: quella dei Zavattini (altro censurato dai benpensanti democristiani dell' epoca), quindi : la Veritaaaaaaaaa'.Poiche' nessuno, neppure il piu' astuto dei disegni criminosi; neppure il piu' feroce dei censori , qualcuno che lo e' magari piu' di Catone (anche se dotato di minore fama e notorieta'); nessun potere e men che meno i signori (si fa per dire) di Facebook possono nascondere la luce che emana dai lucidi, specchianti pensieri di Ando Giraldi, di suoi dotti misteri pedagogici, e che, in questo suo splendido libro, si muovono nel buio indicando a tutti la strada della cultura e del diseppellimento della memoria e dell' offesa. Anche a quelli di Facebook che, questa luce hanno, solo creduto, di spegnere.Ma il buio a volte cela un segreto che, questo libro racconta.
Recensioni
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Ghetto di Varsavia, 1939: lo storico Emanuel Ringelblum, con un gruppo di scrittori, rabbini e studenti, dà vita a Oneg Shabbat, un archivio di immagini fotografiche e documenti sul massacro che stanno subendo gli ebrei in Polonia. Poco prima della distruzione totale del ghetto, il materiale viene nascosto in una ventina di bidoni del latte, destinati a restare sepolti sotto le macerie e a essere ritrovati alla fine della guerra. Lodz, Polonia, 1945: a guerra appena conclusa, viene dato alle stampe il primo album fotografico sullo sterminio. A scattare le istantanee non sono stati fotografi professionisti, ma persone normali, testimoni anonimi, oppure incredibilmente gli stessi protagonisti dell'orrore. Dopo più di sessant'anni, su YouTube, queste e molte altre immagini inedite che documentano le atrocità dei nazisti iniziano a diffondersi in tutto il mondo. Tutto quello che i nostri occhi conoscono della Shoah si deve soltanto a questa catena spontanea, a questa casualità. Alternando l'immediatezza del racconto al rigore della riflessione, Ando Gilardi racconta la storia di questo orrore e di tutti quei fotografi e divulgatori ignoti che hanno contribuito a plasmare in modo indelebile il nostro immaginario collettivo.
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