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Quasi-cose. La realtà dei sentimenti
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Quasi-cose. La realtà dei sentimenti - Tonino Griffero - copertina
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Descrizione


Cosa sono le quasi-cose? Anzitutto le atmosfere, cioè i sentimenti effusi nello spazio e che di solito non possiamo modificare, ma anche il dolore, la cui aggressività costituisce al tempo stesso una garanzia identitaria del soggetto. E poi la vergogna, sia personale sia vicaria (quella che proviamo per chi "dovrebbe" vergognarsi!), il corpo proprio, le cui "isole" eccedono gli organi del corpo fisico, lo sguardo, tanto aggressivo, nella vita quotidiana come nel ritratto, da produrre un'emorragia della nostra identità, e infine la luce crepuscolare nella sua suggestiva vaghezza. Tutti noi descriviamo le quasi-cose, le collochiamo in uno spazio, riconosciamo loro un'identità intersoggettiva e amodale, e soprattutto ne avvertiamo affettivamente l'invadenza. Sebbene effimere, intermittenti e prive di una causa loro esterna, le quasi-cose instaurano infatti una specifica comunicazione col corpo proprio di chi percepisce, generando lo spazio affettivo in cui questi si trova e che in vario modo lo condiziona. A una filosofia che non sia esercizio astratto, ma riflessione su come ci si sente qui e ora, spetta allora riconoscere che delle quasi-cose e delle qualità affettive che esse generano non può fare a meno nessun repertorio ontologico degno di questo nome.
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Dettagli

2013
21 marzo 2013
160 p., Brossura
9788861597693

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alida airaghi
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Seguendo i suggerimenti fenomenologici di Hermann Schmitz, Tonino Griffero dedica questo suo stimolante e documentatissimo volume a "cose" che propriamente cose non sono: quasi-cose, semi-cose, che ci circondano e pervadono le nostre esistenze, modificandole, condizionandole. Suggestioni variabili ed effimere, vaghe e fluide, private e pubbliche: atmosfere, e sentimenti. "Le quasi-cose hanno un'esistenza intermittente...sono più attive delle cose...generano un irresistibile coinvolgimento affettivo...ci aggrediscono improvvisamente dall'esterno": come, meteorologicamente, l'aria e il vento. Oppure come la luce, lo sguardo, il dolore, la vergogna. Griffero afferma provocatoriamente che forse non è sempre inevitabile identificare i sentimenti con i processi neurali: si può addirittura supporre che essi giungano all'uomo da "fuori" e non da "dentro". Questa sua strategia di esternalizzazione tende a "depsicologizzare atmosferologicamente l'intera sfera emozionale, facendo cioè dei sentimenti delle affezioni...non circoscritte ai confini del corpo... ma effuse in uno spazio 'vissuto'". Tesi indubbiamente affascinante e originale, spesso contestata filosoficamente e scientificamente, ma di indubbia presa emotiva. Quindi le atmosfere sarebbero "enti" non solo intersoggettivi, ma quasi-oggettivi: gli esempi elencati (dalla morte di Lady Diana che sconvolse intere popolazioni, al tifo nello stadio, alla malinconia di fronte a certi paesaggi) inducono il lettore a pensarsi non più come un percipiente assolutamente unico e irripetibile. Griffero ribadisce infatti "il carattere soprattutto esterno, straordinariamente invariante dei sentimenti". "Impariamo chi noi siamo più dal patire...che dall'agire": dolore e vergogna ci insegnano moltissimo sulla nostra impotenza e fragilità, e "sugli aspetti, faticosamente rimossi, della nostra personalità". Nostra, e di tutti.

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