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Seguendo i suggerimenti fenomenologici di Hermann Schmitz, Tonino Griffero dedica questo suo stimolante e documentatissimo volume a "cose" che propriamente cose non sono: quasi-cose, semi-cose, che ci circondano e pervadono le nostre esistenze, modificandole, condizionandole. Suggestioni variabili ed effimere, vaghe e fluide, private e pubbliche: atmosfere, e sentimenti. "Le quasi-cose hanno un'esistenza intermittente...sono più attive delle cose...generano un irresistibile coinvolgimento affettivo...ci aggrediscono improvvisamente dall'esterno": come, meteorologicamente, l'aria e il vento. Oppure come la luce, lo sguardo, il dolore, la vergogna. Griffero afferma provocatoriamente che forse non è sempre inevitabile identificare i sentimenti con i processi neurali: si può addirittura supporre che essi giungano all'uomo da "fuori" e non da "dentro". Questa sua strategia di esternalizzazione tende a "depsicologizzare atmosferologicamente l'intera sfera emozionale, facendo cioè dei sentimenti delle affezioni...non circoscritte ai confini del corpo... ma effuse in uno spazio 'vissuto'". Tesi indubbiamente affascinante e originale, spesso contestata filosoficamente e scientificamente, ma di indubbia presa emotiva. Quindi le atmosfere sarebbero "enti" non solo intersoggettivi, ma quasi-oggettivi: gli esempi elencati (dalla morte di Lady Diana che sconvolse intere popolazioni, al tifo nello stadio, alla malinconia di fronte a certi paesaggi) inducono il lettore a pensarsi non più come un percipiente assolutamente unico e irripetibile. Griffero ribadisce infatti "il carattere soprattutto esterno, straordinariamente invariante dei sentimenti". "Impariamo chi noi siamo più dal patire...che dall'agire": dolore e vergogna ci insegnano moltissimo sulla nostra impotenza e fragilità, e "sugli aspetti, faticosamente rimossi, della nostra personalità". Nostra, e di tutti.
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