L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un libro di Badiou comprensibile, non senza concetti provocatori: l'esistenza di un'infinità di numeri infinti (Cantor nel suo infinito attuale: vedi oltre) portano alla vertigine. Lai domanda è se l'eccezionale non sia, in realtà, il finito. L'uomo finito può avere quindi una idea dell'infinito, che esiste. Sempre in Cantor: il finito si misura nello spazio e nel tempo coi numeri che siamo in grado di pensare. L'infinito è ciò che può sempre continuare senza incontrare un limite. E' un potenziale. Dio e l'Universo sono un infinito attuale, realmente infinito che ha come limite l'infinito potenziale. Dalla Postfazione di Barbieri, succosa la sintesi su Spinoza: "Il principio primo di tutte le cose è la sostanza, vale a dire ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un'altra cosa da cui debba essere formato: Esiste quindi un'unica sostanza, non limitata da altre, unica e sola realtà, identificata con Dio. Tutto ciò che è, è in Dio, e non può essere, nè essere concepito senza Dio. Perciò la sostanza è contemporaneamente Dio e natura (Deus sive natura). Tale sostanza è causa sui ed esiste necessariamente, poichè la sua esistenza è implicata dalla sua essenza, ed è infinita, poichè se non fosse così dovrebbe essere limitata da una qualche altra sostanza della sua medesima natura"
Il testo si presenta come una riflessione frizzante e didascalica, condivisa con alcuni giovani, probabilmente adolescenti, sulla tematica proposta nel titolo, che di per sé non è affatto semplice dipanare. Ad ogni modo l’autore, allievo di Althusser, filosofo, matematico e drammaturgo, riesce in poche pagine a condensare temi davvero significativi in riferimento al rapporto tra finito e infinito, a partire dalle insidie che si celano dietro il linguaggio e la logica. Certamente, a livello linguistico, l’infinito si pone come la negazione del finito, il non del finito, eppure ciò non è sufficiente ad esaurire tutta la concettualità connessa con il tema dell’infinito nella storia del pensiero filosofico, religioso e matematico dell’Occidente. Ciò che più stupisce nell’uomo, quell’essere in grado di pensare la sua finitudine, è questa tendenza connaturata ad anelare, ad intuire e a provare di comprendere l’infinito. Da Pascal a Kant, passando per Descartes, il quale parte dal presupposto che, pur sgomberando la mente da tutte le idee, ciò che l’uomo ritrova è l’immagine dell’infinito, tale pensiero resta un ideale approssimativo, potenziale, una esigenza logica del pensare. Interessante, inoltre, è l’affermazione secondo la quale lo zero sarebbe ciò che si trova al centro di un insieme di numeri positivi e negativi, posizione discutibile giacché lo zero non è che un punto in primo luogo, indistinto dagli altri, che diventa zero, e quindi centro, solo dopo un’operazione linguistica per mezzo della semantica, un’attribuzione di senso che presuppone la significatività dello zero, non la determina a posteriori!
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore