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Gram ! Anche io desidererei essere uno chef ! Ma ormai di libri su cucina e racconti annessi cominciano ad esserne strapieni tutte le librerie... ormai è diventata una moda. Che comincia a darmi un pò fastidio. Ormai ce ne sono fin troppi.
Sono sempre alla ricerca di golosità e sono rimasta piacevolmente sorpresa da questo libro di racconti non solo con ricette, ma con un intero menù che sembra essere stato preso a prestito da un ristorante. Ma ciò che ho trovato più gustoso sono stati proprio i racconti, un perfetto mix di gusto, sentimento, gioia e tristezza, serio e faceto, sacro e profano, storia e geografia. Racconti che con scioltezza e disinvoltura passano dalla provincia milanese dell'epoca fascista alla Firenze attuale di un amore infelice, o dalla riscossa sentimentale a suon di RadioItaliasolomusicaitaliana a un efferato delitto nelle acque di Pesaro, deliziandomi con spaghetti alle vongole, zuppa di pesce, involtini sfrigolanti, pane ai datteri, gelato al limone e altro ancora. La scrittura è di quelle che legano alle pagine, le ricette fanno leccare i baffi.
Lettura gustosa, assaporata con foga bulimica! Racconti gastronomici gradevolissimi, capaci di far sorridere, ridere, sognare, e riflettere. Personaggi, dialoghi, ambientazioni, vicende: tutti elementi che la spiccata abilità scrittoria dell'autrice ha reso significativi e accattivanti. Le ricette? Tutte da sperimentare! (P.S. anch'io volevo essere un grande chef!)
Recensioni
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Un menu è buono da gustare. Ovvio. E da scrivere? Sì, anche. Perché ogni piatto – dall’antipasto al dolce – se potesse parlare avrebbe delle storie da raccontare. Come quelle narrate in questo libro che abbina racconti e ricette: un binomio gustosissimo. Si comincia con un negroni sbagliato e una bionda maliarda, e si finisce con un vassoio di cenci, come li chiamano i fiorentini, ma che in realtà sono (solo) le chiacchiere di una specie d’amore. Passando per un bel piatto di linguine alle vongole consumato con ingordigia alla faccia del fidanzato fedifrago, e uno pieno degli sfrigolanti involtini di una meritata cenetta d’addio. O da una profumata bouillabaisse, preludio di un cruento fatto di cronaca nera: vera. Verginità tardiva consumata con pesce spada alla griglia non può essere seguita che da una macedonia afrodisiaca. Ma prima qualche bicchiere: Vermentino bianco dai riflessi dorati o Rossese color rubino brillante per rigiocare a quel gioco di Bacco, proibito e mai dimenticato. E per rinfrescare il palato, un gelato. Al limone, naturalmente. Nomen omen. Perché l’autrice di questo insolito menu gastronomico aveva già bell’e segnato nel cognome il suo destino: occuparsi di cibo, con la freschezza della sua scrittura. E da grande sicuramente voleva essere una grande chef (ma con la penna non sa cucinare).
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