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Mare di papaveri - Amitav Ghosh - copertina
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Mare di papaveri
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Mare di papaveri - Amitav Ghosh - copertina
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Descrizione


Cuore di questa saga epica, l'Ibis, un veliero che, negli anni Quaranta del XIX secolo, solca le acque tumultuose dell'Oceano Indiano per combattere la guerra dell'oppio, il conflitto che, con il trattato di Nanchino, sancì la definitiva espansione dell'impero britannico nei mercati d'oltremare e che fu scatenato dalla Compagnia delle Indie orientali per rovesciare lo squilibrio della bilancia dei pagamenti tra Gran Bretagna e Cina, favorevole decisamente in quegli anni a quest'ultima. Nel suo avventuroso viaggio, l'Ibis reca a bordo un'umanità davvero straordinaria: marinai, clandestini, braccianti, galeotti, un raja in rovina, una vedova sfuggita alle dure costrizioni del suo clan, uno schiavo americano liberato, un orfano europeo dallo spirito libero. A mano a mano che i legami con le origini si affievoliscono, e i contorni delle vite precedenti sbiadiscono, i passeggeri e i membri dell'equipaggio cominciano a considerare se stessi "fratelli di navigazione".
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Dettagli

2011
Tascabile
28 settembre 2011
512 p., Brossura
9788865590317

Valutazioni e recensioni

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Mel
Recensioni: 4/5

Il sogno matto, opaco cioè, di un afeemkhor, è pigro, è lento, è un gatto che tossisce palle di pelo, e Neel, sai di chi sto parlando, di Neel, e potresti domandarti di suo figlio, e di sua moglie, ma a dircela tutta, e quella ballerina, e se di te amano quel che puoi pagare, non c'è uomo più ricco che non meriti di essere più amato di te, e dopo aver lavato il piscio e lo smerdo e la seconda pelle di pidocchi all'afeemkhor, pensi che adesso lui non si svenda e non t'insozzi per una palla di... L'afeemkhor nei suoi deliri vede una ragazza francese che parla bengali e suo padre, l'unico di cui ci si domandi, è morto, e suo fratello non-di-sangue, per quanto abbia come tre sopracciglia, deve essere assai bello, se Munia, per lui, ha fatto rischiare la vita, a lui... Un nero vive come e da bianco, un uomo è una donna reincarnata, quali giochetti non può tirarti la tua mente, afeemkhor. Quando tutto sarà finito sarà come non fosse mai iniziato, e nella tua mente, intorbidita, una sfoglia di meraviglia e niente più.

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Rigus68
Recensioni: 4/5

Non è un romanzo, piuttosto una ricerca filologica, ricca di nozioni in numerose branche del sapere, a cominciare dalle scienze navali, in cui l’autore si profonde in uno sterminio di termini marinareschi e di costruzioni navali, che farebbero venire i brividi perfino agli esperti nel settore (l’autore deve avere avuto una piccola schiera di esperti che gli abbiano suggerito ogni singola frase). Poi prosegue in una carrellata sterminata sulle varie lingue indostane e linguaggi a noi ignoti dei cosiddetti lascari, divertendosi a citare un numero impressionante di frasi sia nei vari dialetti locali sia in traduzione in lingua franca. Questo gioco diventa piuttosto irritante per il lettore, che non credo abbia intenzione di andare a scuola di lingue. Lo stesso dicasi delle nozioni di botanica, dove l’autore non ci risparmia abbondanza di termini sia in vulgata sia in termini scientifici alla Linnaeus, per intenderci. Insomma, l’autore fa gran sfoggio di erudizione a tal punto da annoiare il lettore. Qual è allora la valenza di questo romanzo fiume? L’aver denunciato la prepotenza e arroganza del popolo inglese, predatore per eccellenza nelle sue sterminate colonie sparse per il mondo. Così si scopre che il Commonwealth tanto declamato dai colonizzatori è sì wealth (benessere, ricchezza) ma non per i sudditi bensì esclusivamente per i padroni, che si arricchiscono in maniera smisurata depredando i beni delle colonie e lasciando ai sudditi solo le briciole. Qui il danno è duplice e devastante: da una parte i cinesi costretti ad accettare oppio come pagamento del loro tè (con grave danno della popolazione). Dall’altra parte gl’indiani che vedono il loro territorio danneggiato dalla monocultura di papaveri da oppio, al punto che non c’è più cibo per la popolazione che muore di fame.

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giorgio g
Recensioni: 3/5

Avevo letto su una rivista letteraria la recensione della trilogia di Amitav Gosh ed, incautamente, l'avevo acquistata tutta. Ora che sono riuscito con immane fatica a finire il primo volume dell'opera, mi sto interrogando se continuare con gli altri due libri o se passare ad opere più di mio gusto. Cosa mi ha infastidito? Parecchie cose: prima fra tutte il linguaggio in cui si riscontrano termini marinareschi noti soltanto ai "lupi di mare" (qualche esempio: "calumare la gomena!", "scalmiere e tornichetti"; "le ancore della goletta erano spedate e i parrocchettieri pronti ad alare le drizze"; "il canestrello si è sganciato e il fiocco e la briglia del bompresso si sono impigliati nel buttafuori"; "stroppato con l'amantiglio"). E poi le inserzioni di intere frasi nei linguaggi più diversi, bengali, hindi e urdù che rompono lo scorrere della narrazione ed ancora le oscenità e le schifezze profuse a piene mani dall'autore in particolare nel descrivere le condizioni dei due prigionieri a bordo della nave Ibis. Cosa si salva? Forse la descrizione delle miserrime condizioni dell'India del XIX secolo, a cui si contrapponevano le smisurate ricchezze dei pochi privilegiati. Un opera a mio avviso sconsigliabile.

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Recensioni

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Amitav Ghosh

1956, Calcutta

Scrittore, giornalista e antropologo indiano. Ha studiato a Oxford e vive tra la sua città natale e New York. Considerato «uno dei più grandi scrittori indiani» (la Repubblica), è autore di numerosi libri di cui si citano: Il cerchio della ragione (Garzanti, 1986), Le linee d’ombra (Einaudi, 1990), I fantasmi della signora Gandhi (Einaudi, 1996). Per Neri Pozza ha pubblicato: Il paese delle maree (2005, 2015), Circostanze incendiarie (2006), Il palazzo degli specchi (2007), Il cromosoma Calcutta (2008), Mare di papaveri (2008, 2015), Il cromosoma Calcutta (2008), Lo schiavo del manoscritto (2009), Il fiume dell'oppio (2011), Diluvio di fuoco (2015), La grande cecità (2017), L'isola dei fucili (2019).

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