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Anno edizione: 2012
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E' un brillante, esaustivo compendio di ogni tipologia di scrittore e di ogni situazione psicologica, paranoica, patetica, schizofrenica e megalomane legata al virus della scrittura. E le relative ossessioni, i tic, le compulsioni, i miti (ma anche i violenti). Per esempio, si ritrae magistralmente quella vergogna che ogni aspirante scrittore ha provato nel farsi rilegare il dattiloscritto da inviare agli editori, quella sensazione di nudità rispetto all'ipotetica curiosità di chi può capire leggendo che ha di fronte l'autore (ennesimo) di un romanzo con le sue ansie e le sue esagerate aspettative. E in un piccolo centro di provincia, l'effetto è ancora più insostenibile. Rossari tratta la materia con brevi racconti e fulminanti aforismi, per esempio: "C'era uno scrittore che considerava la letteratura finita, anche perché non leggeva mai un libro". Oppure: "C'era uno scrittore che non voleva arrivare al successo e ci riuscì". O ancora: "C'era uno scrittore che decise di vivere recluso e non pubblicare più. Nessuno venne a cercarlo". C'è una cinica demolizione del mito della beat-generation, un James Joyce frustrato dai ripetuti rifiuti editoriali, un Tolstoj impacciato ospite in una radio, uno Shakespeare accusato di plagio e "Lo scrittore che stroncava montagne e partoriva topolini". Infine c'è anche una liberatoria parodia di denuncia della stupida follia degli anni di piombo.
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