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Bello. Bravo Ahmad Saadawi che scrive bene e chiaro anche se il titolo trae in inganno, visto che Frankenstein non era un mostro bensi' lo scienziato che lo aveva creato. La trama e' bizzarra quanto avvincente. Mentre a Baghdad le forze d'occupazione americana e le forze di sicurezza irachene faticano a tenere la situazione sotto controllo (oppure, piu' probabilmente, contribuiscono al caos), un povero ubriacone svuotacantine compone un mostro con dei pezzi di cadavere trovati dopo l'esplosione di un'autobomba. Ne viene fuori uno strano individuo, brutto e malformato, che viene accolto dalla vecchia miope Elishva come fosse il figlio che aveva perso in guerra. Il mostro non e' cattivo, anzi, si trasforma in un giustiziere: da' sollievo a ciascuno dei cadaveri che lo forma accoppandone il proprio nemico. Questo suscita grave allarme tra i servizi di sicurezza, che lo cercano in ogni dove. L'imprevisto e' che il mostro e' abilissimo, e che la fame di vendetta prende una direzione imprevista. I temi trattati sono seri: innanzitutto il fatto che dove non c'e' giustizia non c'e' speranza. Il mostro, infatti, diventa popolare perche' non guarda in faccia a nessuno. Il secondo e' il problema dell'autorita'. Dove le istituzioni latitano o peggio contribuiscono al danno, il rapporto tra stato e cittadini entra in un conflitto insanabile. A quel punto la gente odia le divise e chiunque rappresenti l'autorita', mentre soldati e poliziotti concentrano i loro sforzi nel controllare le vite di chiunque con i mezzi piu' assurdi e i metodi piu' cruenti. Il bravo giornalista Mohammed prova a seguire le storie, ma ne uscira' male. E capisce che la vita e' fatta di rapporti di forza, e quando si e' deboli non si puo' sperare ne' di far bene il proprio lavoro, ne' di riuscire a rendere un vero servizio per la comunita' cui si appartiene.
Le prime 60 pagine sono un po’ troppo confusionarie. Tanti personaggi, nomi di difficili da ricordare, storie diverse che corrono parallele o si intrecciano. Lo sfondo è quello di un paese fatto a pezzi da una scia di attentati che sembra non finire mai. Qualcosa che sappiamo essere finzione pura cammina per le strade di un mondo fin troppo reale. Manca un vero protagonista ed ho trovato alcune parti un po’ troppo lente. Una frase del libro ne descrive pienamente l’essenza:”… l’idea del male come qualcosa cui tutti prendiamo parte, per quanto sosteniamo di combatterlo”.
Al contrario di quanto si possa pensare, Frankenstein a Baghdad non è un thriller, ma un romanzo introspettivo che parla di guerra, di ciò e chi resta, di umanità, di vendetta. Nonostante qualche divagazione di troppo che spezza la narrazione principale e a volte smarrisce il lettore, i personaggi e il momento storico in cui sono ambientate le vicende sono interessanti al punto giusto da rendere questo libro una lettura particolare.
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