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Anno edizione: 2016
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Di Yasujiro Ozu si dice spesso che sia stato il più giapponese tra i registi giapponesi. Nato nel 1903 a Tokyo, Ozu ha attraversato il periodo pionieristico del cinema muto giapponese, ha combattuto contro le ristrettezze postbelliche, e ha incrociato i radicalismi delle nouvelle vague internazionali prima di morire nel 1963, realizzando quasi sessanta film. Tuttavia, la strana etichetta? di portabandiera di un? cinema necessariamente ?esotico ?è rimasta una costante? della produzione critica? relativa al suo lavoro. (…) Eppure, a leggere i testi si è tentati di mettere in discussione questa attribuzione critica. C’è con tutta evidenza nella perifrasi “il più giapponese tra i registi giapponesi” una sfumatura di orientalismo, la ricerca di una presunta “nipponicità” essenziale, che è smentita dall’atteggiamento decisamente cosmopolita di Ozu (…). Insomma, da un lato un regista la cui opera è spesso descritta come una cristallizzazione del mono no aware, la “sensibilità verso l’effimero” che si vorrebbe al cuore della cultura giapponese, dall’altro un intellettuale che infarcisce i propri scritti di citazioni del cinema di Griffith e Wyler e che non manca di dimostrare un’ironia pungente verso quelle che considera essere le idiosincrasie più evidenti della borghesia nipponica.
Viene da pensare, allora, che questo libro non serva soltanto ad ampliare la conoscenza del cinema di Ozu, ma anche a integrare la produzione critica che si è esercitata intorno al cinema del maestro giapponese. Gli scritti sul cinema trovano poi un contraltare nella sezione dedicata alle memorie di guerra. Il regista, che combatte nel secondo conflitto sino-giapponese dal 1937 al 1939, e torna al fronte durante la seconda guerra mondiale per realizzare un reportage mai concluso, scrive lettere e appunti (…). Ed è proprio attraverso questi testi che emerge l’importanza della figura di Ozu come narratore del Giappone postbellico.
Il regista non è forse il più giapponese fra i giapponesi, ma piuttosto quello che più profondamente ha colto e rielaborato i tratti di un preciso momento storico, i due decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, in cui la società giapponese si è confrontata con aperture e nazionalismi, tragedie e banalità (…).
Recensione di Riccardo Fassone
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