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"Il mare era lì davanti alla spiaggia con i suoi cavalloni e le sue balene, con il suo indaco, l'azzurro e il verde fango. Il mare era grande e sperduto e inutile e salato. Il mare era la vastità di destini che non ci competeva."
Non è un libro fotografico (ma lo è), non è un'autobiografia (e invece in gran parte lo sembra), non è poesia (ma solo perché non è scritto in versi), insomma questo libro di Maggiani è da tenere in mano, sfogliare, leggere lentamente e farsi trascinare dalla musica delle parole, dai suoni del dialetto accennati con parsimonia dall'autore, quasi per pudore e per segretezza, e infine ripetere l'operazione con se stessi, riguardando le fotografie dei propri luoghi della memoria, ricordando figure familiari e piccoli eventi dell'infanzia.
Grande narratore, capace di animare nella mente del lettore ogni luogo o ogni personaggio descritto, in questo strano volume Maurizio Maggiani aggiunge al testo una serie di immagini, in un suggestivo bianco e nero, al fianco delle quali pone delle note a mano, così che nulla sia freddo e anonimo, ma ogni pagina, scritta o illustrata sia fortemente connotata dalla presenza dell'autore.
Sicuramente esiste anche una personale simpatia per certe scritture, ognuno di noi è più fascinato da un uso o da un altro della lingua, ma di certo, fin dalla prima prova, arrivando a La regina disadorna, leggere Maggiani è un piacere profondo, che crea conoscenza, quasi intimità di vecchia data con una persona, le sue scelte e i suoi modi di vita.
Nella prima parte del libro è presente la Liguria anomala della zona di Castelnuovo Magra, terra dell'infanzia, riarsa e profumata, ancora selvaggia e incorniciata dal mare. Ed è questa presenza, lontana, ma intravista in ogni momento, che si fa sempre più necessaria (e questo bisogno rimarrà negli anni), da quando, bambino, inizierà a conoscerla meglio. Il mare è la spiaggia di Marinella, è vacanza e gita in vespa (pochi chilometri, ma col sapore dell'avventura) con le giovani zie, è il bagno e il nuotare, è la stanchezza del ritorno e la voglia di sfida: come si potrebbe vivere in una città senza mare? E anche La Spezia appare un buon surrogato, almeno per qualche anno, fino a che la pozza d'acqua che chiamano mare non appare troppo piccola, quindi la scelta adulta è dapprima Monterosso. Quando però la mondanità e il lusso cancellano la natura e rinasce il bisogno di luoghi veri, il cammino si sposta, cercandoli, lungo tutta la costa. Maggiani così ci conduce, arricchiti dei suoi stessi ricordi, attraverso la cementificazione selvaggia degli anni del boom economico, alla scoperta di bagliori di luce, di profumi e sapori, di una Liguria intima e montaliana. Qui però è il mare a dominare, come luogo dell'anima e come messaggio che unisce, che ricorda l'antica cultura dei contadini più che quella dei pescatori, gli operai delle fabbriche più che i marinai.
I borghi delle Cinque Terre incantevoli e preservati ancora oggi ma da vedere negli attimi in cui non sono assediati dai turisti, Bonassola minacciata dagli incendi e Levanto così strana e diversa, così altra rispetto alla Liguria: percorsi da ripetere, libro alla mano, foto sotto gli occhi.
La dichiarata miopia di Maggiani forse (e lo dichiara con ironia l'autore) può fare della fotografia quell'occhio in più, quello sguardo attento che manca alla sfocata immagine fissata dagli occhi un po' fragili ("la fotografia è lì davanti a me per accrescere la mia esperienza sensoriale piuttosto che per deprimerla") e per noi lettori è uno spiraglio nell'anima del fotografo dilettante, una stimolo a ripercorrere, rigorosamente in autunno e in primavera come lui ci indica, lo stesso cammino.
A cura di Wuz.it
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