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Un interrogativo si dibatte da qualche tempo anche in sedi internazionali: se sia corretto, e anche opportuno, tenere distinti i diversi ambiti delle discriminazioni e delle disuguaglianze e insistere su uno o su un altro come particolarmente grave, e degno di attenzione. Volta a volta, in determinate sedi e occasioni, le differenze etniche e razziali, di genere, di principi religiosi o di pratiche culturali; l'omofobia, condizioni di disabilità fisica o psichica, riferimenti a particolari tradizioni, "culture", "valori". Il problema è che si rischi valorizzando una particolare scelta di attenzione e di impegno a scapito delle altre, e tenendo ciascun ambito separato di privilegiare un problema, un aspetto, e che manchi una lettura dell'insieme dei fattori e dei meccanismi. Non facile trovare la risposta.
Facendo riferimento al sottotitolo del libro curato da Francesco Migliorino, Riflessioni su razzismo e antisemitismo, sappiamo subito dove ci si colloca: nel presente e nel passato dei nostri "razzismi". E però le parole Scarti di umanità (un titolo forte, brutale vorrei dire) portano a mettere al centro un dato che segna tutta la storia dell'umanità (e che certo vale ancora nel presente). Una parte della popolazione, o del sistema in cui viviamo, si colloca in posizioni che consentono di dominare, di escludere o anche di annientare altri, tutti quelli senza riconoscimenti e diritti, in varie forme "diversi" (nel fisico o nelle relazioni o nei comportamenti; o a seconda delle risorse economiche, sociali di cui dispongono). In lunghi secoli di storia europea, gli ebrei, i popoli colonizzati e, oggi, gli "immigrati", gli "stranieri". Islamofobia, discriminazioni e violenze volta a volta contro "negri", "marocchini", zingari; e ancora, antisemitismo. Su questo, nel libro, troviamo riflessioni che "aggiungono" a quello che già sappiamo o che crediamo di sapere. Molte sono le voci e gli approcci, con riferimento a fasi diverse della nostra storia.
Su due linee di approfondimento mi soffermo brevemente: le ritengo utili per riflettere sul contesto attuale. Come si organizzano le risorse a disposizione (la politica, la scienza, le armi, naturalmente; oggi i meccanismi mediatici, il senso di insicurezza e le dinamiche del "populismo") per tenere sotto controllo gli altri. Episodi e scelte ideologiche, e messaggi degli anni del nazismo e del fascismo, con obiettivi che sono un "popolo etnicamente puro", la "normalità", la "disinfestazione della società", la "bonifica umana": così nell'introduzione e nel saggio di Migliorino, ma è un filo di lettura comune a testi diversi per impostazioni e riferimenti e dati (M. Bertani, Pietro Guerraggio e Angelo Nastasi, David Bidussa; e i richiami di Beatrice Primerano a passaggi di fortissimo impatto del diario di Ernesta Bittanti scritto tra il 1938 e il 1943). In quegli anni, il disegno di un popolo reso sano, forte, "perfetto" (con costante attenzione al ruolo della "famiglia" e all'importanza della crescita demografica) e dunque di come rendere invisibili quelli che sono "altri", diversi, e pericolosi: il mondo carcerario e i manicomi criminali, i criteri per l'internamento, la "scienza" (medicina, psicologia e psichiatria, antropologia criminale, diritto penale) e le pratiche che si sono sviluppate e incarnate in leggi e istituzioni. Temi che oggi ritroviamo nel discorso politico e in una diffusa opinione pubblica, o meglio, in una "cultura" che sembra essere sempre più condivisa. È bene rifletterci.
Laura Balbo
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