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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2015
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Per necessità di sintesi, mi occuperò soltanto di alcuni elementi di riflessione suscitati da questo testo, che sono inoltre un suo pregio costitutivo e programmatico: - l'azione culturale, per quanto ampia, non può essere un alibi politico per scaricare sulla biblioteca compiti e finalità del welfare state: per questo è cosa buona e giusta che non se ne occupi direttamente; la stessa azione è un suo punto di forza e di vitalità e non è un diversivo rispetto agli obiettivi attuali del suo statuto culturale; - il tempo libero può essere declinato in molte modalità intelligenti e consapevoli, ma sappiamo che tali modalità competono a svariate agenzie di erogazione, spesso a fini di lucro; la biblioteca ha il diritto/dovere di far valere i propri confini/limiti d'azione; - infine, il ruolo proattivo della biblioteca quale custode, facilitatore ed editore di contenuti di conoscenza ed informativi rappresenta la sua azione culturale a priori, fondamentale, costitutiva, dalla quale emanano come promettenti corollari gli oggetti dell'azione proposti in questo libro. Nonostante il fatto che questo contributo fornisca una prova tangibile dell'utilità sociale della biblioteca pubblica, che travalica ampiamente l'immagine convenzionale - che la stessa conserva o subisce - di "libreria condivisa" (una sorta di scaffalatura - magazzino sulla quale depositare libri non posseduti ma di pubblico dominio), la biblioteca resterà aperta finché ci saranno fondi pubblici, non perché si sono utilizzati bene. E quest'ultimo naturalmente è il caso, lodevole, della Nostra Autrice. Laddove gli amministratori disinvestano o cancellino la loro biblioteca lo faranno perché sono liberi di farlo, non perché non hanno compreso l'illuminato contributo di Cognigni. Viceversa, dove i fondi sono consolidati, garantiti e costanti nel tempo non è necessaria nessuna giustificazione biblioteconomica per erogare i più tradizionali e conservativi servizi di biblioteca (collezioni, prestiti, ecc.).
Recensioni
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