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recensione di Ferraris, M., L'Indice 1992, n. 4
Moderna è la costante dipartita dal mito, ma, secondo un paradosso che è poi la logica della secolarizzazione, il moderno non si sbarazza mai di Dio, perché religiosa è la pulsione che anima il progresso, e mitica la promessa di una verità finalmente dispiegata, che starebbe al termine del cammino. Questa era già l'idea di Herder, della storia come corsa di Dio attraverso le nazioni ma, più remotamente, la filosofia cristiana della storia che da Agostino, Orosio e Bossuet, conduce sino ai moderni nella famosa ricostruzione di Lowith. Rispetto a questi binari canonici, Formenti è più sensibile alla storia non cristiana dell'intreccio tra illuminismo e mito. Proprio la gnosi sconfitta dai cristiani, dopo avere attraversato sotterraneamente secoli di storia, appare risorta nel mondo moderno con una forza propriamente universale. L'idea della scienza come impresa planetaria è di origine essenzialmente gnostica: il dio che si è dipartito per non tornare ha lasciato in terra un mondo che è pura materia, e che sta agli uomini di sollecitare e trasformare con libero mandato della volontà di potenza.
Ma se è difficile dire che cosa sia davvero la gnosi, e quali rapporti intrattengano gli scienziati moderni con gli eretici antichi, non meno complicato è circoscrivere il senso dell'esperienza cristiana del mondo, e poter dichiarare tranquillamente che noi sappiamo che cosa sia il cristianesimo. Se insomma Formenti riconosce, sulla scia di Jonas, la pervasività della gnosi, bisognerebbe anche dare a Cristo quel che è di Cristo. Cristiano è il dio che muore avviando nella cenosi una secolarizzazione doppiamente inspiegabile per i Greci, che credevano alla divinità del mondo e si scandalizzavano per il dio morto. Cristiana è la considerazione del mondo come ens creatum disponibile per gli uomini. Heidegger, seguendo Nietzsche, diceva ancora di più, e cioè che la nostra esperienza religiosa è già la cristianizzazione di una metafisica precristiana, il platonismo; onde cristiana non sarebbe soltanto la secolarizzazione, ma anche la grande koin‚ in cui, in un unico calderone, finisce il retaggio ellenico, di per sé allegorico e antagonista, insieme a quello ebraico, per costruire il mondo moderno.
Ma questa non sarebbe una obiezione contro la tesi di Formenti, al massimo la integrerebbe. Gnosi, di là dalla determinazione storica, del resto problematica e quanto mai oscura, sarebbe il nome comune dell'intreccio fra grecità e ebraismo che costituisce il cuore della nostra cultura, che nel mondo tardomoderno presenta un profilo spirituale molto simile alla situazione vigente nel mondo tardoantico. È questa l'importanza delle analisi di questo libro, che si legano a una ricerca che Formenti aveva già avviato almeno dal suo "Prometeo e Hermes" (1986): la modernità non ha una sola origine o provenienza, e riduttivo sarebbe volerci rintracciare un'inclinazione soltanto strumentale; dietro a ogni razionalizzazione va ricercata la controparte mitica che la orienta; e, davanti a ogni progresso nel senso del rischiaramento, bisogna guardare alla promessa messianica che, come una grazia o il senso di un'attesa, motiva l'intero movimento.
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