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Sedici poesie e otto immagini, di Umberto Fiori e Marco Petrus, pubblicate in 500 esemplari numerati da Marcos y Marcos come omaggio alle cosa (alle case) di città: "Parlare al muro" è il titolo del bel volume, arricchito da riproduzioni a colori o in bianco e nero che ricordano i quadri di Sironi, di Boccioni, le loro periferie milanesi, gli edifici grigi e fascisteggianti, incombenti, squadrati, qui ancora più lugubri e angosciosi, nel segno severo di Marco Petrus, che non concede nulla alla fantasia o alla levità di un'eventuale, futura primavera. Altrettanto fattuali, scomode, per nulla consolanti sono le poesie di Fiori, recitate al muro, appunto, e da esso respinte al lettore in un pingpong scandito in versi secchi, oggettivamente disillusi. Un Vangelo laico, quello di Fiori, e metropolitano, fatto di cantieri e scavi, brutture edilizie e lavori in corso, dove chi guarda e descrive è estraniato, a disagio, pare non capire cosa sta a farci, proprio li' in quel posto, davanti a quel muro, da cui sembra aspettarsi una parola, una qualche rivelazione. Il poeta, nel punto in cui si trova (in treno, sul balcone di casa, sul marciapiede) attende sempre la salvezza dall'esterno, spera in un riconoscimento altrui che lo faccia sentire vivo e vero. Poeta dello squallore quotidiano, del grigiofumo di strade e marciapiedi, Umberto Fiori sa raccontarci di asciugamani sventolanti nell'aria, di scavi come torrenti di montagna, di caseggiati affioranti da albe nebbiose, e offrirci un'ancora, un respiro che ci riempia il pensiero e per un attimo ci pulisca dentro:"La sera sull'angolo/davanti ai davanzali illuminati/senti il pensiero che si dilata,/che cresce, come sulle guance/il boccone al bambino che non mangia,/come in chiesa cresce la faccia/sotto le mani dei comunicandi."
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