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George A. Romero. La notte dei morti viventi - Dario Buzzolan - copertina
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George A. Romero. La notte dei morti viventi
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George A. Romero. La notte dei morti viventi - Dario Buzzolan - copertina
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Descrizione


"Si ha l'impressione che "La notte dei morti viventi" sia a lungo rimasto vittima di un equivoco: l'idea che il film fosse non soltanto un film di genere, un horror, ma in particolare una sorta di capostipite dello splatter. Il che gli ha fruttato l'esilio nel territorio dei "film per appassionati". E invece "La notte dei morti viventi" è molto più simile a "Gli uccelli" di Alfred Hitchcock che a "Non aprite quella porta" di Tobe Hooper. La forza che ha turbato più d'una generazione di spettatori non è quella che scaturisce dall'esposizione di uno squartamento, dallo spettacolo "osceno" della carne martoriata. È più sottile, più profonda. La notte dei morti viventi è, prima che un film di genere che usa la morte per spaventare, uno dei più radicali film sulla morte che siano mai stati realizzati. Per questo, come il suo oggetto, continua - e continuerà a lungo - a affascinarci e sfuggirci, a attrarci e respingerci.»
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Dettagli

2
2009
21 maggio 2009
126 p., ill. , Brossura
9788871808093

Valutazioni e recensioni

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Antonio Meloni
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Interessantissimo saggio sul film di Romero, che ne mette in evidenza la caratteristica di film filosofico: i morti viventi (distinti dagli zombie haitiani) come somma paura umana in quanto incomprensibili, illogici e soprattutto memento di ciò che ogni uomo vorrebbe dimenticare, la morte. Una bella lettura che mette la voglia di approfondire Romero e guardare la sua intera filmografia sui morti viventi, dandole un taglio che va ben oltre l'effetto orrorifico fine a sé stesso che caratterizza praticamente tutti i suoi imitatori.

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Michele Bettini
Recensioni: 5/5

Quando uscì per la prima volta i cultori esigenti non lo presero molto in considerazione e inizialmente non lo andarono a vedere. Si pensava ad un qualsiasi film dell'orrore. Peraltro era realizzato con attori dilettanti e con mezzi molto scarsi. Più tardi si sarebbe preso atto che quegli attori se l'erano cavata bene e che il film faceva discutere, nel senso che conteneva tutti i più comuni sentimenti individuali: la paura dei morti e per l'oscurità. Il timore che i morti possano risorgere per ricordarci le nostre colpe. La visione della morte e l'avvicinarsi del momento in cui i morti una volta raggiunti alla fine del percorso, si potranno ricongiungere con ognuno di noi, che non possiamo evitare di appartenere alla morte. Il timore che le nuove scoperte possano prolungare o restituire la vita, sovraffollando un mondo dove la morte può essere una liberazione, ma forse no, perché in qualche modo si continua a vivere: nel ricordo degli altri, o semplicemente con l'anima, sempre in cerca di pace, se non di benessere. Il tema del razzismo, non ancora risolto: la guardia nazionale, anch'essa dominata dalla paura e dal preconcetto, se la prende alla fine anche con un nero, che ha lottato eroicamente e che non si è lasciato trasportare dall'emotività, il vero nemico che si affaccia nelle situazioni difficili. L'America quindi si sente inseguita dai morti che hanno lottato, ma non hanno ancora visto i risultati, ossia l'integrazione dei neri. Così non basta il coraggio se occorre ancora fare i conti col preconcetto e l'appartenenza di classe. I morti non sono i cari estinti nel momento in cui in qualche modo si riaffacciano e la visita al cimitero non è una gita di piacere, perché si ripresentano i rimorsi verso i morti e i vivi. La volontà insistente di rifugiarsi in cantina, per nasconderci, per non pensare, per rifiutare l'informazione e la presa di coscienza ed anche la solidarietà verso chi si trova nella stessa barca ed esige che si remi insieme .....

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