Il moto apparente del sole. Storia dell'infelicità

Ermini cita innumerevoli testimonianze da Eraclito a Dostoevskij ai principi della poesia romantica tedesca a Nietzsche a Leopardi a Zanzotto. Ma non assume posizioni apodittiche: più umilmente ma con passionale convinzione ci invita ad accompagnarlo a piccoli passi in un percorso regressivo aperto a diverse istanze mai forzatamente definibili. Ci invita ad andare verso la fonte da cui veniamo. Verso il "luogo non luogo" l'"antiterra". Vanno percorsi i territori che stanno "dietro il paesaggio" (il titolo di un famoso testo di Zanzotto) accettando il dolore per le rinunce alla partenza del viaggio a ritroso. Un cammino verso la verità attraverso l'antipensiero di una "filosofia poetante" e di "una poesia pensante".
Questa affermazione tuttavia ci pone un interrogativo. Se come insiste Ermini "l'esercizio dell'antipensiero è l'arte di far emergere la verità" che fine faranno la filosofia e la critica come logica argomentativa e dimostrativa? La ricerca della verità (per altro tanto fascinosa quanto da sempre fallimentare!) non è appannaggio della filosofia appunto? Ermini risponde non negando la filosofia bensì "una concezione cristallizzata e gerarchica del pensiero" che ci impedisce ormai di cogliere proprio la verità. La poesia possiamo quindi intendere non è tanto alla ricerca (impossibile) della verità ma è la verità. La verità della comunione sensitiva vs la comunicazione strumentale e troppo sovente menzognera.

Gio Ferri