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scheda di Antonielli, B., L'Indice 1992, n. 4
In una lettera inviatagli in occasione dei suoi ottant'anni, Medard Boss definiva Heidegger "l'autentico indagatore dei fondamenti della medicina". Sulla base di questa convinzione e di un'appassionata lettura di "Essere e tempo", il medico e analista svizzero aveva infatti organizzato, nella sua abitazione di Zollikon, un ciclo di seminari tenuti da Heidegger, negli anni tra il 1959 e il 1969, a un pubblico di giovani medici e psichiatri, nell'intenzione di "liberarli dall'irretimento del sapere specialistico" e dirigere loro lo sguardo verso una medicina conforme all'Esserci. I testi di Zollikon, preceduti da un saggio di Eugenio Mazzarella, costituiscono probabilmente l'unica occasione in cui Heidegger riprende, dopo la svolta degli anni trenta, i temi essenziali dell'analitica dell'Esserci, in un programma di rifondazione ontologica della medicina e della psicopatologia. La stessa nozione di malattia, intesa da Heidegger come fenomeno di privazione delle possibilità esistenziali, viene fatta rientrare in un ambito del poter-essere quale tratto originario ed essenziale dell'essere-nel-mondo. In questa luce assume importanza decisiva una fenomenologia del corpo in cui il corpo-inanimato semplicemente-presente, oggetto della medicina tradizionale, si mostra invece come "sempre già percettivo essere-rapportato a ciò che ci-si-fa-incontro a partire dall'aperto". Il costante richiamo di Heidegger alla questione dell'essere e alla differenza ontologica non deve far ritenere impossibile l'applicazione di vedute puramente ontologiche ai "modi ontici e concreti dell'uomo" con cui la prassi medica ha normalmente a che fare: non esiste rapporto di tensione tra scienza e investigazione fenomenologica perché "entrambe denotano un procedimento della medicina in quanto scienza d'un ente: l'uomo".
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