Il suono della mia voce

Intenso, stilisticamente impeccabile, penetrante. Centrato sulla percezione di sè e del mondo del protagonista, viene raccontato in seconda persona dalla "voce" di cui soltanto alla fine Morris potrà udire il suono. Voce di verità che smaschera una sofferenza antica e intensa che inutilmente l'alcol tenta di lenire. Il "fango" che il protagonista percepisce, in sè e intorno a sè, diventa simbolo di un'esistenza segnata dal disprezzo, dalla colpa e dalla vergogna; un'esistenza che è pura finzione. Soltanto un bicchiere dopo l'altro può permettere a Morris di sostenerla. Fino alla resa e allo scioglimento finale. Un gioiello della narrativa contemporanea.

Morris Magellan è protagonista e spettatore inerme di un dramma rovinoso: un castello di carte il cui equilibrio è costantemente compromesso; un delirio nitido e dettagliato che dietro il dramma dell’alcoolismo cela la ricerca di risposte che mai avranno un volto ma nel quale Butlin riesce a cogliere nel contempo punte d’ironia e cinismo. Il tutto è scandito da un ritmo incalzante, in continua progressione, e da particolareggiate descrizioni che rendono il racconto estremamente coinvolgente e a tratti soffocante.