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Indagare l’animo umano non è cosa semplice. Analizzarne la natura in un contesto culturale minato, come il nostro caro e vecchio stivale può confermare, richiede persino coraggio. “Il Crepuscolo”, primo romanzo del chimico-scrittore Marco Marchi (ma terza opera in ordine cronologico dopo le raccolte di racconti “Non si può mai sapere” e “Dove si va”), non è un semplice giallo. Seppur a una fugace e distratta lettura possa sembrare di trovarsi nel bel mezzo di un comune e romanzato intreccio poliziesco, lo stile cinematografico dell’autore ci accompagna piacevolmente in una tortuosa e infida strada sterrata, disseminata di cocenti delusioni, personaggi modesti e obiettivi raggiungibili solo dopo pesanti fallimenti. La crisi “intellettuale” viene così elegantemente dipinta attraverso i colori di una rapida e inesorabile evoluzione biologica, tralasciando però ipocrisie da ben pensanti o filippiche da presunti uomini di cultura. Come l’olio su tela (“Due uomini in riva al mare al sorgere della luna”) di Caspar David Friedrich, riportato in copertina, “Il Crepuscolo” risplende di una profonda e conflittuale aurea romantica, permeata di una sottile poetica decadente. Marco Marchi, condividendo scelte accademico-professionali con celebri predecessori del calibro di Primo Levi, non nasconde una duplice natura chimico-letteraria, talmente radicata all’interno delle proprie opere, da caratterizzarne quel metodo scrupolosamente scientifico d’indagine introspettiva che si manifesta attraverso uno stile asciutto, diretto e gradevolmente poetico.
Lucido e diretto: uno scatto sull'ipocrisia delle lamentele dell'underground culturale. Da leggere.
Libretto insulso... trama inconsistente, descrizione dei personaggi assente. In molti punti del libro mi sono persa per colpa delle continue incoerenze... l'autore dice di averci impiegato un anno per scrivere questo libro... forse altri sei mesi sarebbero serviti. la prox volta forse andrà meglio... do due perchè è il primo libro di Marchi
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