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Autobiografia di una femminista distratta
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Autobiografia di una femminista distratta - Laura Lepetit - copertina
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Autobiografia di una femminista distratta

Descrizione



Di capitolo in capitolo, e in ciascuno un libro intorno al quale ruotano incontri, aneddoti, riflessioni, Laura Lepetit racconta la sua storia e quella della sua casa editrice, La Tartaruga.

Una autobiografia costruita come una galleria di ritratti, quelli delle amiche e delle autrici della casa editrice, che con Lepetit formavano una comunità quasi sempre al femminile. Laura Lepetit ha creato e diretto una delle più belle case editrici italiane: La Tartaruga. Una casa editrice che pubblicava solo donne, ma con criteri letterari, non politici, e che ha contribuito a far conoscere molte delle più grandi scrittrici del nostro tempo: Doris Lessing, Alice Munro, Gertrud Stein, Edith Wharton, Virginia Woolf, per dire solo di alcune. Lo ha fatto con quella grazia svagata con cui ora ci racconta la sua vita: l’esperienza del femminismo con Carla Lonzi, i viaggi per conoscere le sue autrici, Radio Popolare, la Libreria delle Donne, i gatti, i cavalli, mescolando al racconto le sue considerazioni ‘distratte’, il suo sguardo sulla vita pieno di humour e di candore. Un libro fatto di incontri, amicizie, epifanie che hanno segnato la storia culturale ed editoriale italiana nello sfondo di una Milano nella sua stagione più viva, colta, europea.
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Dettagli

2016
3 marzo 2016
112 p., Brossura
9788874525874

Valutazioni e recensioni

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STEFANIA
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Comprato per caso e letto con vera sorpresa. Libro quasi poetico, dove l'autrice si racconta in ordine sparso toccando argomenti e momenti storici importanti. E' stata una lettura piacevolissima e toccante.Consigliato.

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Voce della critica

È una vera fortuna che una personalità così disincantata e antiretorica, superati gli ottanta – classe 1932 come Sylvia Plath – non si sia sottratta alla diffusa tentazione autobiografica. Nell’agile e denso volumetto dal titolo accattivante, entriamo nelle dinamiche della nascita (1975) di una casa editrice che tanta parte ha avuto nella formazione delle femministe italiane e non solo di esse: «Oggi incontro talvolta qualche donna che mi guarda con sbalordito affetto e mi sussurra: senza i libri della Tartaruga… E lascia presagire sconforto e sciagura». L’incontro che ha cambiato la mia vita è il titolo del capitolo in cui Lepetit racconta come conobbe  Carla Lonzi; alcune affermazioni della femminista teorica dell’autocoscienza e della differenza sessuale la colpiscono ancora oggi, come quella – contenuta nel Manifesto di Rivolta Femminile – che recita:  «La donna è stufa di allevare un figlio che le diventerà un cattivo amante», frase che «contiene tutta la saggezza, l’ironia, la sferzante cattiveria e l’amore che diecimila volumi filosofici non sarebbero in grado di evocare». «Svagata, ricettiva, presuntuosa, chimerica, dispersiva, discreta, in attesa dagli altri»: così la definì a propria volta Lonzi, e lei «sfidò» quel giudizio, dedicandosi «anima e corpo a fare una casa editrice inequivocabilmente femminista!». Conosciamo tutte La Tartaruga, il fiuto straordinario della sua fondatrice nel trovare il libro che la grande editoria ha tralasciato, i meriti per avere diffuso anni prima che diventassero famosi romanzi di autrici insignite poi del Nobel (Gordimer, Lessing, Munro); e tanto altro. Che si trova in queste pagine: la Milano della Libreria delle Donne, il Cicip & Ciciap, la pratica politica insita in quel progetto editoriale, le letture, gli incontri, i flashback sulla condizione delle donne-bene prima del femminismo; l’amore per i gatti e per i cavalli.

Avventure di carta e non solo
Il libro non è solo la storia delle «avventure di carta» dell’autrice; un «cartoccio di pesce», un «lavandino di piatti sporchi», danno la dimensione di uno sguardo sulla materialità dell’esistenza e del quotidiano, che solo una donna riesce ad avere mescolandolo – in questo caso con maestria sia pure, come vuole lei, «distratta» – con le attività intellettuali. D’altra parte, «il lavoro, se è tutto intellettuale, annoia e consuma». Sono pagine che pullulano anche di annotazioni sapienziali. Tre per tutte, molto utili, per giovani e meno giovani: «È necessario vivere guardandosi intorno e non dentro»; «È importante sapere che da vecchi e vecchie è necessario vivere di rendita». E ancora, l’utilità di partire dalle piccole cose, perché «i cambiamenti importanti avvengono così, attraverso piccoli spostamenti, dettati dalla necessità, che provocano straordinarie rivoluzioni».
Protagonista di questi anni recenti, vivaci e attivi, di Lepetit non poteva non essere la vecchiaia, colta nella sua inevitabile ambivalenza, «una stagione nuova, quasi regalata», accompagnata dalla consapevolezza che si tratta di un tempo «breve, ma è pur sempre un tempo», e insieme dall’incertezza «se vedrò i frutti dell’albero che ho piantato o se il mio gatto mi sopravvivrà». E poi subito, la virata ironica sulla possibilità di imparare, finalmente, a cucinare! In questi mesi di drammatici fatti di cronaca, ci toccano in modo particolare le parole che Lepetit riserva alle nuove generazioni, «che non hanno smesso di essere pericolanti»; pertanto «le nostre lotte e conquiste non sono finite», né «possiamo metterci il cuore in pace noi ragazze del Novecento».

Recensione di Luisa Ricaldone

 

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Conosci l'autore

Laura Lepetit

1932, Roma

Laura Lepetit, intellettuale e femminista, nel 1965 rileva con Annamaria Gandinie altri amici la libreria Milano Libri e nel 1975 fonda la casa editrice La Tartaruga, che ha diretto fino al 1997. Nel 1987 è insignita del titolo di Cavaliere del Lavoro «per meriti morali e professionali»; seguiranno, nel 1989, il Premio Nazionale “Creare è donna” e, nel 1995, in occasione del ventennale della sua Casa Editrice, il Premio Editore Donna. È autrice di una Autobiografia di una femminista distratta, edita da nottetempo nel 2016.

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