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Sarà capitato a tutti di cliccare con insistenza sull'icona "invia/ricevi" della posta elettronica (anche se il pc in genere controlla l'e-mail in automatico ogni novanta secondi) nella speranza che, a forza di farlo, prima o poi un'e-mail arrivi, per non dire di chi senza usa telefoni cellulari abilitati all'e-mail, che si offrono a un controllo dei messaggi in entrata ancora più compulsivo. È lo stesso tipo di meccanismo che sta alla base della dipendenza indotta dalle slot machine: si chiama "schema di rinforzo a intervallo variabile". Accade, ci spiega John Freeman, nel caso di quelle azioni da cui ci si aspetta una ricompensa, che però non arriva tutte le volte che vengono eseguite, soltanto qualche volta, e in maniera imprevedibile: con l'e-mail è la stessa cosa. Si tratta di un comportamento del quale, grazie alle tecniche di neuroimaging, si stanno iniziando a scoprire le basi neurali: quando otteniamo una ricompensa (il jackpot, o l'e-mail in arrivo), la dopamina, un ormone anche neurotrasmettitore, affluisce in una specifica area cerebrale. È questo solo uno dei tanti comportamenti ossessivi (e spesso inconsapevoli) che stanno caratterizzando l'uso della comunicazione digitale; non a caso, negli Stati Uniti, alcuni psicologi stanno spingendo affinché la "dipendenza da Internet" venga classificata come un disordine clinico. Il libro di Freeman con non si limita comunque al presente, ma compie un interessante e documentato excursus sulle origini dei sistemi postali e degli altri mezzi di comunicazione (dalle diligenze del Far West allo scetticismo dei politici che non riuscivano a comprendere il funzionamento del telegrafo), non ultimo raccontando l'intera storia di Internet e della posta elettronica (molto più "antica" di quanto in genere si sappia: ad esempio, il simbolo @ per separare un indirizzo dal nome del dominio fu usato per la prima volta nel 1973). Pur ironizzando sui comportamenti più aberranti, l'autore del volume, che è un critico letterario, collaboratore di testate come "The New York Times", "The Guardian", "Wall Street Journal" e da circa un anno direttore editoriale della prestigiosa rivista letteraria "Granta", non lancia strali apocalittici contro le tecnologie digitali, bensì avanza una critica pacata ed equilibrata, che guarda a un nuovo modo di impostare le proprie comunicazioni personali e lavorative nell'ottica di una migliore qualità di vita, concludendo con la proposta di un manifesto per un movimento "Slow Communication": "Molti dei valori di Internet rappresentano dei miglioramenti sociali, e la rete può costituire una grande piattaforma per la solidarietà, in grado di premiare la curiosità, vantaggiosa in termini di utilità e convenienza. Questo non è il manifesto di un luddista, questo è un manifesto umano". Al centro di tutto, l'importanza di avere sempre ben presente che la rete e il suo spazio di informazione virtuale non sono un mondo in sé e per sé, ma solo un supplemento del mondo che già esiste.
Giuliana Olivero
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